San Bernardo, nato come Filippo Latino, condusse una vita segnata dalla sua abilità e passione per la spada, spesso usata per difendere i concittadini oppressi dagli spagnoli. Considerato uno dei migliori spadaccini della Sicilia, fu soprannominato “la prima spada di Sicilia”.
Nato a Corleone il 6 febbraio 1605, Filippo era il quinto di sette figli in una famiglia nota per la sua carità cristiana. Il padre, Leonardo, era un calzolaio che accoglieva in casa i più poveri, offrendo loro cibo, vestiti e conforto.
Fin da giovane, Filippo mostrò un carattere vivace e apprese non solo il mestiere paterno, ma anche l’arte della scherma, influenzato dalla presenza del presidio spagnolo dei “Borgognoni“.
Filippo ricopriva il ruolo di “sciurtiere“, ovvero pattugliava la città armato per mantenere l’ordine pubblico. Nel 1626 ebbe un confronto con un uomo soprannominato Vinuiacitu, che terminò con quest’ultimo ferito a due dita. Poco tempo dopo, un certo Vito Canino, probabilmente un sicario inviato da Vinuiacitu, arrivò a Corleone con l’intento di sfidare Filippo a duello. Inizialmente, Filippo esitò di fronte alla provocazione, ma alla fine accettò la sfida. Durante il combattimento, Filippo prevalse, infliggendo a Vito Canino una grave ferita al braccio che lo lasciò invalido per il resto della vita.
Questo episodio costrinse Filippo a fuggire e vivere in latitanza fino al 1629, quando la questione giudiziaria legata al duello venne risolta, permettendogli di tornare a lavorare nella sua bottega. Tuttavia, l’evento lo segnò profondamente, spingendolo a intraprendere un percorso di penitenza, preghiera ed espiazione. Fu allora che maturò la sua vocazione religiosa.
A 27 anni, il 13 dicembre 1631, entrò nel noviziato dei Cappuccini a Caltanissetta, assumendo il nome di fra Bernardo.
La vita di fra Bernardo fu caratterizzata da semplicità, preghiera e servizio umile. Prestò servizio in numerosi conventi della Sicilia, distinguendosi per la sua dedizione agli ammalati, ai poveri e ai suoi confratelli. Durante un’epidemia a Bivona, si dedicò instancabilmente alla cura dei frati colpiti dal morbo, fino a quando egli stesso si ammalò. Si narra che, invocando San Francesco, ottenne una pronta guarigione, riprendendo subito il suo lavoro di assistenza.
Fra Bernardo era noto anche per la sua compassione verso gli animali, fondamentali per la sopravvivenza delle famiglie dell’epoca.
Si racconta che guarisse muli, cavalli e altre bestie ammalate, spesso recitando preghiere o facendo compiere loro riti simbolici, come girare attorno alla croce del convento. Quando un portinaio gli rimproverò questa pratica, fra Bernardo rispose con umiltà: “Queste creature non hanno medici né medicine; dobbiamo avere compassione anche di loro.“
Il suo stile di vita austero era segnato da digiuni, penitenze e preghiere. Si narra che durante un pasto, il Signore gli apparve nel refettorio e intinse un pezzo di pane nel Suo costato, facendogli assaporare le gioie del paradiso.
Fra Bernardo ripeteva spesso il suo motto personale:
“Sia lodato il buon Gesù!
Una notte di tormento,
un giorno eterno di contento.
Momentaneo è il patire,
sempre eterno è il partire.”
Negli ultimi anni, fra Bernardo visse a Palermo, dove trascorse il suo tempo in preghiera, spesso in adorazione davanti al Santissimo Sacramento. Qui, nel gennaio 1667, affrontò serenamente la morte, pronunciando le parole: “Andiamo, andiamo.” Si racconta che un suo confratello lo vide in visione esclamare: “Paradiso! Paradiso! Benedette le penitenze e le rinunce!“
La fama di santità di fra Bernardo si diffuse rapidamente, accompagnata da numerosi miracoli attribuiti alla sua intercessione.
Beatificato da Clemente XIII il 15 maggio 1768, fu canonizzato da Papa Giovanni Paolo II il 10 giugno 2001.
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