La pittura, per Leonardo, è scienza, rappresentando «al senso con più verità e certezza le opere di natura», mentre «le lettere rappresentano con più verità le parole al senso», ma Leonardo aggiunge, riprendendo un concetto aristotelico, che è «più mirabile quella scienza che rappresenta le opere di natura, che quella che rappresenta […] le opere degli uomini, com’è la poesia, e simili, che passano per la umana lingua».
Leonardo utilizzò la tecnica della prospettiva aerea in alcuni suoi capolavori come la Gioconda e la Vergine delle Rocce. L’artista si rifece anche agli studi dello scienziato arabo Alhazen secondo il quale da ogni minuscola particella di un oggetto ipoteticamente osservato, si staccano “scorzettine“, cioè informazioni luminose che viaggiano nell’aria fino a raggiungere la nostra retina (dove le immagini si fissano capovolte).
Leonardo Da Vinci era affascinato dai colori, la cosa che lo colpiva maggiormente era l’effetto che aveva l’atmosfera sui colori dei soggetti più distanti.
Una delle teorie pittoriche affinate da Leonardo Da Vinci è l”Inazzurrimento dei lontani” che consiste nell’aumentare la percentuale di ciano nei soggetti terzo piano (montagne) per dare una maggiore illusione di profondità nelle opere. Questo effetto è dato dalla sovrapposizione dei vari strati dell’atmosfera che dona una colorazione sempre più azzurrina man mano che l’occhio umano si allontana dai soggetti in primo piano.
Da Vinci non fu il primo ad accorgersene, ma fu il primo a registrare calcoli e spiegare tecniche per rendere questo effetto nella pittura.
Secondo gli ultimi studi svolti dal neuroscienziato Christopher W. Tyler della City University di Londra, la profondità che caratterizza i dipinti di Leonardo sarebbe frutto di una forma intermittente di strabismo chiamata exotropia che avrebbe consentito all’artista di passare da una visione bioculare a monoculare tanto da cogliere la tridimensionalità di volti, oggetti e paesaggi.
Stralcio testo tratto da Wikipedia reso disponibile con licenza CC BY-SA 4.0 DEED
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