Sant’Umile da Bisignano, al secolo Lucantonio Pirozzo, incarna fin dall’inizio una tensione profonda tra l’autenticità della sua natura umile e la consapevolezza della propria fragilità spirituale, che lo portava a considerarsi peccatore di superbia. Nato a Bisignano, in Calabria, il 26 agosto 1582, è ricordato come fratello laico dell’Ordine dei Frati Minori Francescani, modello di santità e fervore spirituale.
Nel nome “Umile” si riflette il destino che lo ha segnato: un’esistenza di fedeltà cristiana e una vita interamente dedicata a Dio. Fin da giovane, Lucantonio si distingue per la straordinaria pietà.
Frequenta quotidianamente la Messa, si accosta all’Eucaristia in ogni festa e medita profondamente sulla Passione di Cristo. Guidato spiritualmente da don Marcantonio Solima, manifesta una fede matura, una forte penitenza e una devozione profonda verso Cristo e Maria.
Nonostante l’opposizione iniziale della sua famiglia, in particolare della madre, e le difficoltà sottolineate dal suo confessore riguardo al cammino di santità, Lucantonio intraprende con decisione il percorso che lo condurrà al francescanesimo.
La sua vocazione si consolida a Bisignano, presso il Convento dei Frati Minori, dove, appena diciassettenne, risponde alla chiamata divina che mette fine alle sue attrazioni terrene. Nonostante la responsabilità di sostenere la famiglia dopo la morte del padre, Lucantonio non si distoglie dalla sua vocazione.
Nel settembre del 1609, chiede di essere ammesso al noviziato dei Frati Minori Riformati presso il convento di Dipignano, ottenendo l’ingresso nel noviziato di Mesoraca. Qui riceve la formazione spirituale da due figure di riferimento: Padre Antonio da Rossano e Padre Cosimo da Bisignano.
Frate Umile è ricordato per i suoi doni mistici: estasi, profezie, miracoli e una straordinaria “scienza infusa“. Sebbene scarsamente alfabetizzato, stupì teologi e prelati con le sue risposte illuminanti sulla Sacra Scrittura e la dottrina cattolica. Questa capacità lo rese oggetto di prove rigorose da parte di ecclesiastici, ma ogni volta dimostrò una sapienza straordinaria.
Nel suo noviziato, Frate Umile si impegna con dedizione in tutte le mansioni affidategli: dalla questua al lavoro manuale, mostrando un’umiltà senza pari.
Al termine dell’anno di noviziato, supera con difficoltà l’esame sulla Regola francescana grazie, secondo la tradizione, all’intercessione della Vergine Maria. Questo momento segna un passaggio cruciale nella sua vita spirituale e nella sua totale dedizione al francescanesimo.
Viaggiando tra i conventi della Calabria, Frate Umile diventa un esempio vivente della povertà francescana. Vive con un abito logoro e si nutre di pane duro, scegliendo sempre per sé i pezzi peggiori. Il suo comportamento umile e la sua povertà materiale suscitano ammirazione e devozione tra i suoi contemporanei.
Frate Umile era noto per le frequenti estasi che, a volte, duravano a lungo.
Durante questi momenti di rapimento, assumeva pose diverse: in ginocchio, in piedi, con le mani giunte o aperte in segno di croce, spesso sollevato da terra.
Le sue estasi attiravano fedeli e confratelli, che lo consideravano già santo. Sempre obbediente, tornava alla realtà solo quando richiamato dai superiori.
Un altro fenomeno straordinario attribuito a Frate Umile è la levitazione, che si verificava in solitudine o in presenza di fedeli, lasciando tutti senza parole. Questi episodi rafforzavano la fama di santità che lo accompagnava ovunque.
In un momento cruciale della sua vita, Frate Umile tornò per un biennio a Mesoraca, il luogo del suo noviziato, su richiesta dei Superiori. Questa permanenza rappresentò una fase decisiva per confermare la profondità della sua virtù e la solidità della sua vocazione.
Dopo due anni di vita religiosa, frate Umile da Bisignano inizia a essere riconosciuto come un uomo santo. Il potere ecclesiastico, ormai pacificato con la sua figura, vede crescere intorno a lui un’ammirazione sempre più diffusa. In Calabria si scatena una corsa, tra potenti, comunità religiose e conventi, per poter accogliere il frate. Umile, con la sua semplicità, si mette a disposizione di chiunque abbia bisogno.
Uno dei suoi viaggi più significativi lo porta a Messina, accompagnando il Ministro Generale dell’Ordine, padre Benigno da Genova, in una visita canonica ai Frati Minori della Calabria e successivamente in Sicilia.
Durante il tragitto attraverso lo stretto di Messina, si narra che frate Umile compì un miracolo, trasformando l’acqua di mare in acqua potabile per dissetare l’equipaggio. A Messina, la fama della sua santità si consolida grazie a un altro miracolo, accrescendo l’ammirazione della popolazione locale.
Un episodio significativo riguarda l’ultima visita della madre di frate Umile.
La donna, desiderosa di vederlo un’ultima volta prima di morire, si recò al convento di Bisignano per incontrarlo. Sebbene vincolato dalla regola che gli impediva di parlare con i laici, frate Umile ottenne dal P. Guardiano il permesso di salutarla. Durante l’incontro, le predisse la morte imminente, invitandola a prepararsi spiritualmente. La mise in guardia dal salire il giorno successivo su un gelso, avvertendola del pericolo. Nonostante l’avviso, la donna si arrampicò sull’albero e cadde, morendo sul colpo, come profetizzato. Nel momento esatto della caduta, frate Umile, trovandosi a San Lorenzo, annunciò ai confratelli l’accaduto, confermando il suo dono profetico.
La fama di Sant’Umile raggiunse presto Roma e il Pontefice Gregorio XV, che volle incontrarlo personalmente. Dopo una rigorosa verifica del suo spirito, il Papa intrattenne con lui un dialogo profondo e si giovò delle sue preghiere. Successivamente, anche Urbano VIII lo chiamò a Roma, dove frate Umile visse per diversi anni. Durante il suo soggiorno, dimorò principalmente nel convento di San Francesco a Ripa, trascorrendo un periodo anche a Sant’Isidoro.
A Napoli, nel convento di Santa Croce, si impegnò a promuovere il culto di Duns Scoto, confermando il suo ruolo di diffusore del sapere francescano. Urbano VIII lo richiamò più volte a Roma, ritenendo il suo consiglio e le sue preghiere di grande valore. Tuttavia, gli anni trascorsi nella capitale furono anche segnati da difficoltà, data l’abitudine del santo alla semplicità e all’umiltà della vita conventuale.
Negli anni Venti del XVII secolo, la salute di frate Umile cominciò a deteriorarsi, conseguenza della rigida disciplina francescana che aveva osservato per tutta la vita. Nonostante la sua volontà di continuare a servire, le sue condizioni fisiche lo costrinsero a ridurre le attività apostoliche.
Dopo un breve ritorno a Napoli per ricevere cure presso il convento di Santa Croce, si trasferì nuovamente in Calabria. Con frate Ludovico da Lattarico, rispose alla chiamata di frate Antonio da Galbano per rientrare nel convento di Cosenza. Qui, nonostante la fragilità fisica, continuò a ispirare i confratelli con il suo esempio di fede e dedizione.
Nell’estate del 1632, frate Umile fece finalmente ritorno al suo paese natale, Bisignano. Il viaggio, partito da Napoli via mare, lo portò prima a Scalea, dove fu accolto con grande venerazione dalla popolazione locale. Scene simili si ripeterono poco dopo, all’arrivo del veliero a Paola, testimonianza del profondo affetto e della devozione che il popolo calabrese nutriva per il santo frate.
Un altro significativo capitolo della sua vita fu il breve periodo trascorso nel convento di Cosenza. Qui, il Padre Guardiano, Bonaventura da San Severino, affidò a frate Antonio da Bisignano il compito di assistere frate Umile nelle sue difficoltà quotidiane, considerate le sue sempre più precarie condizioni di salute. Tuttavia, i continui viaggi logoravano sempre di più il suo già fragile fisico.
Alla metà del 1635, dopo un ulteriore viaggio a Napoli, frate Umile tornò definitivamente a Bisignano. Qui, il 26 novembre 1637, all’età di 55 anni, concluse la sua vita terrena.
La notizia della sua morte si diffuse rapidamente, richiamando una folla immensa al suo capezzale. Uomini, donne, giovani, anziani, ricchi e poveri si riversarono a rendergli omaggio, spinti dall’amore e dalla gratitudine verso quel frate buono e prodigioso che con umiltà e fede aveva toccato le loro vite. Di lui ricordavano l’umiltà, la semplicità, il sorriso, le parole di conforto e il bene che aveva seminato con generosità.
I processi canonici per la santificazione di frate Umile iniziarono solo nel 1684, con notevole ritardo. Le sue virtù furono dichiarate eroiche da papa Pio VI il 4 ottobre 1780. Successivamente, fu beatificato da Leone XIII il 29 gennaio 1882, con il Breve papale datato 1° ottobre 1881. Infine, il 19 maggio 2002, papa Giovanni Paolo II lo canonizzò, proclamandolo Santo della Chiesa universale.
La proclamazione di Sant’Umile da Bisignano come santo rappresenta non solo il culmine di un percorso di riconoscimento ecclesiale, ma anche un punto di partenza. Egli è un esempio di virtù teologali e morali vissute in modo eroico, un modello di perfetta vita cristiana. Per questo, la sua figura continua a ispirare fede, devozione e il culto della Chiesa intera, offrendo a tutti i fedeli un esempio luminoso di umiltà e dedizione a Dio.