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«Sai tu isola bella, a le cui rive manda Jonio i fragranti ultimi baci, nel cui sereno mar Galatea vive e su’ monti Aci?» (Giosuè Carducci, “Primavere Elleniche”, 1872)
«Venga a’ li lidi tuoi
«Ajo visto el mappamondo
«Il volgare siciliano si attribuisce fama superiore a tutti gli altri per queste ragioni: che tutto quanto gli italiani producono in fatto di poesia si chiama siciliano; e che troviamo che molti maestri nativi dell’isola hanno cantato con solennità»
«Ho conosciuto la piena bellezza,
«Pagatemi queste righe a peso d’oro, non per la loro straordinaria bellezza ma perchè io stesso le devo pagare così care. Se stimo ogni stelletta dieci centesimi e un centesimo ogni profondo mormorio del mare, dieci lire il fuocherello rosso sulla cima dell’Etna e mezza lira ogni ora dell’aria balsamica – come vedete, non tengo conto né dei riflessi del mare, né delle palme, né del vecchio castello, e nemmeno del teatro greco che di notte non ha niente con cui attirare l’attenzione – allora, veramente ne vale la pena e sia lodato Dio che mi ha mandato in questa parte del mondo».
«Tutto ciò che la natura ha di grande,
«Te prego, o splendida, più bella tra le città dei mortali».
«[…] hai visto le generose
«Bella ed immensa città, il massimo e splendido soggiorno […] Palermo ha edifici di tanta bellezza che i viaggiatori si mettono in cammino attratti dalla fama delle meraviglie che offre qui l’architettura, lo squisito lavoro, l’ornamento di tanti peregrini trovati dall’arte».
«Custodisca Iddio una casa di Noto, e fluiscano su di lei
«La verde isola Trinacria, dove pasce il gregge del sole».
«L’Italia senza la Sicilia, non lascia nello spirito immagine alcuna. È in Sicilia che si trova la chiave di tutto» […] «La purezza dei contorni, la morbidezza di ogni cosa, la cedevole scambievolezza delle tinte, l’unità armonica del cielo col mare e del mare con la terra…chi li ha visti una sola volta, li possede…rà per tutta la vita».
«Palermo, Museo del Mediterraneo: se volete sapere quel ch’è passato su questi flutti azzurri venite a Palermo. E’ una città deliziosa, una città dolce, una città profumata. Le sue piazze, le sue vie, i suoi giardini, i suoi monumenti sono magnifici. Ecco la Sicilia: capolavoro della natura, centro d’un mondo, terra illustre, si commovente e si nobile nel suo misterioso destino».
«[…] l’influenza della cultura spagnola è l’ultima della serie, la prima è quella greca, la seconda e la terza sono saracena e la normanna; il Rinascimento l’ha sfiorata soltanto.
«E la bella Trinacria, che caliga
«L’ Etna nevoso, colonna del cielo
«È la città greca per le sue origini, per la luminosità del suo cielo e per le mètopi del suo museo, di bellezza non inferiore a quelle di Olimpia. È città romana per il ricordo delle sue lotte contro Cartagine e per i mosaici della villa Bonanno. È città araba per le piccole cupole di alcune sue chiese, eredi delle moschee. È città francese per la dinastia degli Altavilla che l’abbellirono. È città tedesca per le tombe degli Hohenstaufen. È città spagnola per Carlo Quinto, inglese per Nelson e Lady Hamilton».
«Giusto è che questa terra, di tante bellezze superba, alle genti si addìti e molto si ammiri, opulenta d’invidiati beni e ricca di nobili spiriti».
«Il medio-evo cristiano si è vittoriosamente installato sulla vetta del monte Erice, ma le città della pianura, Trapani e Marsala, geograficamente le più occidentali della Sicilia, sembrano la più durevole impronta dell’Oriente».
«Di fronte m’eri Sicilia, o nuvola di rosa sorta dal mare! E nell’azzurro un monte: l’Etna nevosa. Salve o Sicilia! Ogni aura che qui muove pulsa una cetra od empie una zampogna e canta e passa…Io era giunto dove giunge chi sogna».
«La Sicilia parve sempre
«L’intera Sicilia è una dimensione fantastica. Come si fa a viverci senza Immaginazione?»
«In tutta la storia della razza umana nessuna terra e nessun popolo hanno sofferto in modo altrettanto terribile per la schiavitù, le conquiste e le oppressioni straniere, e nessuno ha lottato in modo tanto indomabile per la propria emancipazione come la Sicilia e i siciliani».
«La più bella città della Sicilia, sede del re, è Palermo.
«Nell’incursione oscura, il timbro di una corda,
«Di Alfeo ultima dimora,
«Peregrino del mare, se da lungi tra i flutti
«Catania, li so’ chiazzi, li so’ strati,
«Nel giardino pubblico vicino al porto, trascorsi tutto da solo alcune ore magnifiche. E’ il posto più stupendo del mondo […] (Monte Pellegrino) Il promontorio più bello del mondo»
«Ha insegnato Leonardo Sciascia che la Sicilia non è una. Ne esistono molteplici, forse infinite, che al continentale, forse al Siciliano stesso, si offrono e poi si nascondono in un giuoco di specchi».
«La Sicilia è il paese delle arance, del suolo fiorito la cui aria, in primavera, è tutto un profumo… Ma quel che ne fa una terra necessaria a vedersi e unica al mondo, è il fatto che da un’estremità all’altra, essa si può definire uno strano e divino museo di architettura».
«La scoperta della Sicilia è uno dei motivi più fertili e frequenti della letteratura sette-ottocentesca dei «viaggiatori» stranieri in Italia. L’aspirazione al mitico, solare Sud sembra, nella immaginazione di tedeschi, inglesi francesi nordici, raggiungere l’apice più ricco di sorprese e di novità nell’esplorazione attonita, stupita (ma non per questo meno animata da vigile spirito critico e selettivo) dell’isola “del sole”, della “terra del fuoco”, della “terra della primavera perenne”».
«Sai tu la terra ove i cedri fioriscono?
Per finire una frase inerente i siciliani, ricordatami dall’amico Giò (o Giovanni che dir si voglia) Numquam est tam male Siculis, qui aliquis facete et commode dicant |
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