L’urobòro (chiamato anche uroburo o uroboros o ancora ouroboros) è un simbolo rappresentante un serpente o un drago che si morde la coda, formando un cerchio senza inizio né fine.
Simbolo molto antico, presente in molti popoli e in diverse epoche apparentemente immobile, ma in eterno movimento, rappresenta il potere che divora e rigenera sé stesso, l’energia universale che si consuma e si rinnova di continuo, la natura ciclica delle cose, che ricominciano dall’inizio dopo aver raggiunto la propria fine.
Simboleggia quindi l’unità, la totalità del mondo, l’infinito, l’eternità, il tempo ciclico, l’eterno ritorno, l’immortalità e la perfezione.

Stralcio testo tratto da Wikipedia reso disponibile con licenza CC BY-SA 3.0

Esempio di uroboro utilizzato nell’Arte Funeraria come simbolo di rinascita nel cimitero ebraico dei Lupi di Livorno – Wikipedia – User: Lucarelli, opera propria rilasciata con licenza CC BY-SA 3.0

Nei Geroglifici di Orapollo, troviamo una descrizione abbastanza efficace:
“Quando vogliono raffigurare il Mondo, gli Egizi disegnano un serpente che si morde la coda, ornato di squame multicolori, simbolo delle stelle che popolano l’universo. Questo animale, pesante e massiccio come la Terra, ma anche liscio e scivoloso come l’acqua, rinnova la propria pelle ogni anno, suggerendo il continuo rinnovarsi del mondo che, con il trascorrere del tempo, rimane sempre giovane. Poiché inoltre il serpente si nutre del proprio corpo, rappresenta il ciclo eterno di tutte le cose, destinate, per divina provvidenza, a tornare al medesimo posto”
Questo simbolo sembra ispirarsi alla forma della Via Lattea, che in alcuni testi antichi era vista come un gigantesco serpente di luce che abbraccia il cielo, circondando la Terra.

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