Secondo la leggenda, un mercante arabo, attraversando il deserto, portò con sé del latte conservato in una bisaccia fatta dallo stomaco di una pecora. Il caldo intenso, combinato con gli enzimi naturali della bisaccia e il movimento continuo del viaggio, fece sì che il latte si acidificasse e si trasformasse in una sorta di “formaggio”. 

Dal punto di vista storico, l’origine del formaggio risale ai tempi delle prime civiltà e si intreccia con la nascita stessa delle società primitive. Le più antiche testimonianze di allevamento di bovini, ovini e caprini, datate tra il 7.000 e il 6.000 a.C., sono state rinvenute in Asia, suggerendo l’inizio della trasformazione del latte in alimenti conservabili e nutrienti come il formaggio.

Charles Coleman (1807–1874) – Pastorizia – Wikipedia, pubblico dominio

Con l’avvento della pastorizia, le risorse alimentari umane si basavano principalmente su carne e latte. Quest’ultimo, tuttavia, essendo un prodotto deperibile, portò l’uomo a cercare metodi per conservarlo il più a lungo possibile.
Il latte prodotto in eccesso rispetto al fabbisogno familiare era destinato alla preparazione di bevande, una pratica che anticipò l’arte della caseificazione. La testimonianza più antica delle fasi di lavorazione del latte è il Fregio della latteria, un bassorilievo sumero del III millennio a.C. che raffigura  le operazioni di mungitura.

Nella mitologia greca, si narra che le Ninfe insegnarono ad Aristeo, figlio di Apollo, l’arte della pastorizia e della coagulazione del latte. Anche l’ Odissea di Omero descrive il ciclope Polifemo nella grotta mentre prepara il formaggio.

Il termine “formaggio” ha origine dalla parola greca formos , usata per designare il paniere di vimini in cui veniva posto il latte cagliato per conferirgli una forma. Questa parola si trasformò in forma per i Romani e successivamente, attraversando varie evoluzioni linguistiche, divenne formage in francese e infine “formaggio” in italiano.

Preparazione del formaggio in un disegno del XIV secolo – Wikipedia, pubblico dominio

Gli Etruschi contribuirono alla produzione del formaggio introducendo l’uso di cagli vegetali, come quelli ottenuti dal cardo e dal fico. Le loro tecniche furono poi tramandate ai Romani, che perfezionarono l’arte casearia utilizzando anche il latte vaccino – poco impiegato in precedenza, poiché ritenuto nocivo – e introducendo l’uso di zafferano e aceto per ottenere la cagliata. Nel I secolo dC, i Romani adottarono la pressatura del formaggio, utilizzando pesi forati per accelerare il processo di stagionatura.
Diversi autori romani documentarono dettagliatamente la produzione e il consumo del formaggio. 

Nel Medioevo, il formaggio inizialmente suscitava sospetti, poiché i processi di coagulazione e fermentazione erano poco compresi. I trattati di dietetica ne limitavano il consumo, ritenendo che solo piccole quantità fossero sicure per la salute. Con il tempo, tuttavia, il formaggio passò dall’essere considerato cibo dei poveri a un alimento alternativo nelle diete povere o prive di carne.

In Italia e in Europa, i formaggi che consumiamo oggi trovano origine nel Basso Medioevo, periodo in cui i monaci furono custodi fondamentali delle tecniche casearie.
Queste tecniche, tramandate nei secoli, continuano a permetterci di gustare formaggi di grande valore.
I monasteri contribuirono in modo significativo allo sviluppo della produzione casearia, poiché, nelle loro attività economiche e agricole, praticavano l’allevamento di bovini stanziali. Questo tipo di allevamento favorisce la creazione di nuove varietà di formaggio, ampliando così la ricchezza gastronomica e la diversità dei prodotti caseari.

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