Il Natale è tradizionalmente un periodo di celebrazioni per la nascita di Gesù, una ricorrenza di profonda significanza spirituale, almeno nelle sue origini.

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Tuttavia, il nostro mondo globalizzato ha trasformato questa festa in una frenesia consumistica, spesso priva della consapevolezza del suo valore originario. Proprio in quei giorni dell’anno, infatti, avviene un fenomeno cosmico di grande significato simbolico, riconosciuto come sacro da molte culture fin dagli albori della civile

Il solstizio d’inverno rappresenta una ricorrenza spirituale che attraversa tutte le religioni e le tradizioni del mondo, al di là di settarismi o integralismi. Fin dall’epoca preistorica, i nostri antenati hanno celebrato questo momento, come attestano i siti megalitici di Stonehenge in Gran Bretagna, Newgrange, Knowth e Dowth in Irlanda, e le incisioni rupestri della Val Camonica in Italia e di Bohuslan in Iran. Il solstizio era venerato da molte popolazioni indoeuropee come simbolo della rinascita della luce:

  • I Gallo-Celti lo denominarono “Alban Arthuan”, la rinascita del dio Sole
  • I Germani, “Yulè”, la ruota dell’anno
  • Gli Scandinavi “Jul”, la ruota solare
  • I Finnici “July”, la tempesta di neve”
  • I Lapponi “Juvla
  • I Russi “Karatciun”, il “giorno più corto”

Questi nomi e celebrazioni sono tutti collegati al significato cosmico e spirituale del solstizio, come momento di speranza e di rinnovamento universale, celebrato in modi diversi ma con un valore comune: la luce che rinasce e promette il ritorno del calore e della vita.

Carl Larsson – Sacrificio del Solstizio d’inverno – Wikipedia, pubblico dominio

Che cosa hanno celebrato, dunque, queste antiche popolazioni durante il solstizio d’inverno?

Gli appassionati di mitologia noteranno che molte culture associate hanno a questo giorno la nascita delle loro divinità, come oggi fanno i cristiani con il Natale. In Egitto si celebrava la nascita di Horus e del padre Osiride, mentre nelle Americhe precolombiane nascevano Quetzalcoatl e Huitzilopochtli per gli Aztechi, e Bacab nello Yucatán. Allo stesso modo, in Oriente si commemorava la nascita di Buddha, in India quella di Krishna, e in Cina quella di Scing-Shin.

Due equinozi sono mostrati come l’incrocio tra l’eclittica e l’Ecuador celeste, e i periodi del solstizio dell’anno in cui il Sole raggiunge la sua massima posizione meridionale o settentrionale. – Wikipedia, pubblico dominio

Nel giorno del solstizio, il Sole si trova al punto più basso del suo percorso lungo l’eclittica, una traiettoria che rappresenta il suo moto apparente attorno alla Terra nel corso dell’anno. Raggiungendo la minima declinazione, appare al suo zenit sul tropico del Capricorno, con una durata di luce di circa 8 ore e 50 minuti. Da qui, inizia lentamente il suo moto ascendente, un fenomeno che nel mondo romano, tra il 21 e il 25 dicembre, veniva celebrato come il Dies Natalis Solis Invicti, il giorno della nascita del Sole Invitto.

In effetti, il giorno del Natale, che significa appunto “nascita”, segna un momento particolare nel percorso apparente del Sole lungo l’eclittica, quel cerchio che sembra descrivere il suo moto intorno alla Terra. Durante il solstizio, il Sole raggiunge la sua minima declinazione, apparendo nel punto più a sud dell’orizzonte orientale. Si colloca così allo zenit del Tropico del Capricorno, determinando la giornata con il minor numero di ore di luce, circa 8 ore e 50 minuti. Dopo aver raggiunto questo estremo, il Sole inizia lentamente a risalire, annunciando il graduale ritorno. 

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La luce che rinasce riflette un’illuminazione interiore, una comprensione esoterica che dissolve le tenebre interiori, come una fiamma che rischiara la caverna oscura. La rigenerazione cosmica del “Dio Sole” simboleggia un invito a intraprendere un cammino spirituale guidato da un maestro. In quest’ottica, Cristo è l’esempio splendente di questo maestro interiore, come ben esprime un antico detto: “Il Sole ritorna sempre, e con lui la vita. Soffia sulla brace e il fuoco rinascerà.”

 

 

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