Vittorio Emanuele III di Savoia, il terzo Re d’Italia, nacque a Napoli l’11 novembre 1869. Figlio di Umberto I e della regina Margherita di Savoia, regnò sul Regno d’Italia dal 1900 al 1946, ricoprendo anche i titoli di imperatore d’Etiopia dal 1936 al 1943 e Re d’Albania dal 1939 al 1943.
Battezzato con il nome completo di Vittorio Emanuele Ferdinando Maria Gennaro, fu soprannominato il “Re soldato” per il suo costante impegno sul fronte durante la Prima Guerra Mondiale, ma anche “Re di Peschiera” per la sua dedizione agli affari militari. Il soprannome “Sciaboletta” derivava dalla sua statura di soli 153 cm, che richiese la realizzazione di una sciabola su misura, più corta rispetto a quelle tradizionali.
Il 24 ottobre 1896, Vittorio Emanuele III sposò a Roma la principessa Elena del Montenegro, figlia di Re Nicola I. Dal matrimonio nacquero cinque figli: Iolanda, Mafalda, Giovanna, Maria e Umberto, futuro erede al trono.
Il suo regno iniziò il 29 luglio 1900, dopo l’assassinio del padre Umberto I a Monza.
Nei primi anni del suo regno, sostenne le ambizioni coloniali dell’Italia, appoggiando l’occupazione della Libia nel 1911 e l’annessione delle isole del Dodecaneso durante la Guerra Italo-Turca.
Con la firma della pace di Losanna il 18 ottobre 1912, l’Impero Ottomano riconobbe ufficialmente all’Italia il possesso della Tripolitania e della Cirenaica.
Durante la Prima Guerra Mondiale, il sovrano inizialmente sostenne la neutralità dell’Italia, mostrando scarsa simpatia per la Triplice Alleanza, che includeva Germania e Impero Austro-Ungarico, storicamente ostili all’Italia.
Il suo sostegno alla causa dell’irredentismo, volto a unire al regno italiano il Trentino e la Venezia Giulia, e le offerte vantaggiose presentate dall’Intesa (Francia, Gran Bretagna e Russia) portarono l’Italia a rompere con la Triplice Alleanza e ad aderire al Patto di Londra.
Con l’ingresso dell’Italia nel conflitto, il 24 maggio 1915, Vittorio Emanuele III si dimostrò un monarca presente e attivo, seguendo personalmente le operazioni belliche sul fronte.
Durante la guerra, delegò la Luogotenenza del Regno a suo zio, il Duca Tommaso di Genova, per poter dedicarsi interamente alla gestione del conflitto.
Durante la Prima Guerra Mondiale, invece di stabilirsi presso il Quartier Generale a Udine, Vittorio Emanuele III scelse di alloggiare a Torreano di Martignacco, nella Villa Linussa, ribattezzata Villa Italia in suo onore.
Ogni mattina, il sovrano visitava il fronte o le retrovie, rientrando la sera per ricevere aggiornamenti da un ufficiale di Stato Maggiore. Pur esprimendo opinioni, si guardava dal sovrapporsi alle decisioni del Comando Supremo.
Dopo la devastante sconfitta di Caporetto (23-24 ottobre 1917), che divenne sinonimo di disfatta nella lingua italiana, il Re decise di destituire il comandante Luigi Cadorna, affidando la guida dell’esercito ad Armando Diaz.
L’8 novembre 1917, al Convegno di Peschiera, riuscì a convincere i riluttanti Primi Ministri Alleati, in particolare Lloyd George, che l’Italia era determinata a resistere e fermare l’avanzata nemica sul Piave, gettando così le basi per la vittoria di Vittorio Veneto nel novembre successivo.
La vittoria consolidò l’espansione territoriale dell’Italia, che incorporò il Trentino, Trieste, l’Alto Adige, l’Istria, Zara e alcune isole dalmate come Lagosta. Tuttavia, il dopoguerra segnò l’inizio di una crisi economica e politica profonda, accompagnata da disordini sociali e dal timore di una rivoluzione comunista simile a quella russa. La fragilità dei governi liberali e l’instabilità generale crearono terreno fertile per l’ascesa di ideologie autoritarie e la successiva affermazione del fascismo.
Nel 1922, dopo le dimissioni del Presidente del Consiglio Luigi Facta, Vittorio Emanuele III conferì a Benito Mussolini l’incarico di formare un nuovo governo.
Secondo Indro Montanelli, il Re nutriva dubbi su Mussolini, ma si fidava ancora meno dei suoi oppositori e preferiva evitare di interferire direttamente nella politica, attenendosi formalmente al ruolo previsto dalla Costituzione.
Le elezioni dell’aprile 1924, segnate da gravi irregolarità, furono denunciate dal deputato socialista Giacomo Matteotti, il quale fu assassinato il 10 giugno dello stesso anno. Il 3 gennaio 1925, Benito Mussolini si assunse la responsabilità politica dell’omicidio, sancendo l’inizio ufficiale della dittatura fascista.
Il Re, pur mantenendo formalmente il controllo dell’esercito, scelse di non opporsi.
Nel 1935, l’Italia intraprese la campagna d’invasione dell’Etiopia, culminata con l’ingresso delle truppe italiane ad Addis Abeba il 5 maggio 1936. Pochi giorni dopo, il 9 maggio, fu proclamato l’Impero dell’Africa Orientale Italiana, e Vittorio Emanuele III assunse il titolo di Imperatore d’Etiopia.
Nel 1938, firmò le leggi razziali fasciste, che introdussero gravi discriminazioni contro gli ebrei, una macchia indelebile nella storia del suo regno.
Nel 1939, l’Italia invase l’Albania, e il sovrano, pur scettico sull’opportunità dell’impresa, fu proclamato Re d’Albania. Quando Mussolini decise di entrare nella Seconda Guerra Mondiale al fianco della Germania nazista, il Re espresse apertamente il suo dissenso, consapevole dell’impreparazione militare italiana. Tuttavia, ancora una volta, scelse di non opporsi concretamente.
Nel 1941, durante una visita in Albania, Vittorio Emanuele III sopravvisse a un attentato, episodio che segnò ulteriormente il clima di instabilità in cui versava il regno.
Il sovrano seguiva con crescente preoccupazione l’evolversi del conflitto, osservando il progressivo assoggettamento delle forze armate italiane agli interessi tedeschi. Tra il 1940 e il 1941, una serie di rovesci militari compromette gravemente la posizione dell’Italia, culminando nella sconfitta decisiva nella seconda battaglia di El Alamein il 4 novembre 1942, che segnò la perdita dell’intero fronte africano nel giro di pochi mesi.
La crisi culminò il 25 luglio 1943, quando il Gran Consiglio del Fascismo votò contro la politica di Mussolini.
Vittorio Emanuele III intervenne facendo arrestare il Duce e affidando il governo a Pietro Badoglio, che pochi mesi dopo, il 3 settembre, firmò un armistizio con gli Alleati, annunciato pubblicamente l’8 settembre. Tuttavia, la gestione dell’armistizio fu caotica: l’esercito italiano si trovò privo di direttive chiare, mentre le truppe tedesche consolidavano la loro presenza in Italia.
Con l’avanzata delle forze tedesche, il Re abbandonò Roma e si rifugiò a Brindisi, dove stabilì la nuova sede del governo. Sotto la protezione degli Alleati, il 13 ottobre 1943 l’Italia dichiarò guerra alla Germania, passando formalmente nel campo opposto rispetto al precedente alleato. Pur senza abdicare, Vittorio Emanuele affidò al figlio Umberto il ruolo di Luogotenente del Regno, delegandogli il compito di governare i territori sotto controllo alleato.
Intanto, l’11 settembre 1943, i tedeschi liberarono Mussolini, che pochi giorni dopo fondò la Repubblica Sociale Italiana a Salò, creando una spaccatura netta nel territorio italiano e dividendo il paese in due parti: una sotto controllo alleato e l’altra occupata dalle forze nazifasciste.
La situazione si risolse solo il 25 aprile 1945, quando un’offensiva congiunta delle forze alleate e l’insurrezione generale promossa dal Comitato di Liberazione Nazionale portarono alla resa delle truppe nazifasciste.
Screditato per il suo lungo appoggio alla dittatura fascista, Vittorio Emanuele III abdicò il 9 maggio 1946 in favore del figlio Umberto II, nel tentativo di salvare la monarchia.
Tuttavia, meno di un mese dopo, il referendum istituzionale del 2 giugno 1946 sancì la fine della monarchia e l’avvento della Repubblica.
Dopo l’abdicazione, Vittorio Emanuele III si ritirò in esilio ad Alessandria d’Egitto con il titolo di “Conte di Pollenzo“.
Morì il 28 dicembre 1947, lontano dall’Italia, portando con sé il peso di un regno segnato da successi, sconfitte e compromessi drammatici.