Tra le divinità guerriere dell’antica Roma, un posto di rilievo spetta a Bellona, il cui nome trae origine dal termine latino bellum, che significa guerra.
Secondo tradizioni tardive, Bellona sarebbe stata sorella di Marte e viene talvolta rappresentata accanto a lui, alla guida del suo carro, armata di daga o con una fiaccola tra le mani.
Il suo aspetto incute timore: i suoi capelli intrecciati con serpenti evocano immagini inquietanti. Tuttavia, Bellona non è solo una figura minacciosa. Secondo gli studi di Georges Dumézil, la dea ha anche un lato protettivo, poiché interviene a favore di chi soffre a causa della guerra, aiutandolo a superare le avversità. Inoltre, a lei ci si rivolge sia per scongiurare un conflitto imminente, sia per invocare che, se la guerra è inevitabile, si svolga con il minor spargimento di sangue possibile.
Bellona non è dunque solo una dea della guerra, ma anche della diplomazia e del soccorso.
Se Marte rappresenta l’ardore e la forza in battaglia, Bellona incarna la strategia, la lungimiranza e la capacità di comprendere la guerra come una realtà da affrontare con intelligenza e misura. In questo risiede uno dei tratti distintivi della cultura romana: come molte altre divinità, Bellona svolge un ruolo benefico nella vita degli uomini, pronta a intervenire, se adeguatamente invocata, nel suo ambito d’azione.
Con l’espansione romana, la figura di Bellona venne associata alla dea guerriera della Cappadocia, nota come Mâ, famosa per la sua ferocia. I Romani identificarono le due divinità, creando così un ponte culturale tra i loro culti e quelli orientali, ampliando ulteriormente il significato e l’importanza della dea Bellona.
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