I racconti della Natività contenuti nei “Vangeli dell’Infanzia” di Matteo e Luca costituiscono il fondamento delle rappresentazioni artistiche e simboliche del Natale.
I momenti principali narrati in questi testi sono: la nascita umile di Gesù in una mangiatoia, poiché “non c’era posto per loro nell’albergo” (Luca 2,7); l’adorazione dei pastori, simbolo degli emarginati del popolo d’Israele; e la visita dei Magi, venuti da oriente guidati da una stella, rappresentazione dei popoli pagani che riconoscono la divinità di Gesù Bambino.
I cristiani dei primi secoli si identificavano con la figura dei Magi, tanto che già dal III secolo decoravano catacombe e sarcofagi con questa scena. Alla rappresentazione della Natività si aggiunsero elementi allegorici come il bue e l’asino, interpretati sulla base della profezia di Isaia 1,3 (“Il bue conosce il proprietario e l’asino la greppia del padrone, ma Israele non comprende“). Questi animali divennero simboli rispettivamente del popolo ebreo e dei pagani.
Dal IV secolo, la Natività divenne uno dei temi centrali dell’arte cristiana. Esempi illustri includono il prezioso dittico del V secolo conservato nel Duomo di Milano e i mosaici di Santa Maria Maggiore a Roma, della Cappella Palatina a Palermo e del Battistero di Venezia. In queste opere, la scena si svolge spesso in una grotta destinata al ricovero degli animali.
Maria appare distesa come una puerpera, Giuseppe è ritratto in un atteggiamento meditativo, e angeli portano l’annuncio ai pastori. Al centro della composizione c’è sempre il Bambino Gesù, avvolto in fasce che spesso ricordano un sudario, deposto in una culla che richiama un sarcofago, prefigurando la sua morte e risurrezione.
Molti dettagli traggono ispirazione dai Vangeli Apocrifi, come il bagno del Bambino, un simbolo dell’incarnazione del Verbo, vero Dio e vero uomo.
Una svolta importante nella tradizione della Natività avvenne con San Francesco, che nel 1223, a Greccio, rappresentò per la prima volta la scena della nascita di Betlemme coinvolgendo i fedeli in un presepe vivente.
Da quel momento, questa tradizione si radicò profondamente nella pietà popolare e nell’arte cristiana. Giotto immortalò l’evento in un affresco della Basilica Superiore di Assisi, mentre il primo presepe scultoreo fu realizzato da Arnolfo di Cambio per la Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. Dal XIV secolo, per influenza della spiritualità francescana, le rappresentazioni della Natività iniziarono a mettere in evidenza il Bambino, spesso raffigurato a terra, per sottolinearne l’umanità, adorato da Maria, Giuseppe, i pastori e i Magi.
I Magi racchiudono un significato ricco di simbolismo. Il loro numero tradizionale deriva dai tre doni – oro, incenso e mirra – che rappresentano la triplice natura di Cristo: Re, Dio e Uomo destinato alla morte.
Dal XIV secolo, i Magi furono raffigurati con caratteristiche sempre più distinte: Baldassarre, anziano, rappresenta l’Europa; Melchiorre, maturo e con il turbante, l’Asia; e Gaspare, giovane e di pelle scura, l’Africa. Questa diversità incarna l’universalità del messaggio cristiano e, ancora oggi, offre un messaggio di unità e concordia tra i popoli.
Le rappresentazioni della Natività, siano esse artistiche o letterarie, possiedono un profondo significato spirituale e teologico. Papa Leone Magno, in un celebre discorso, invitava i fedeli a rallegrarsi per la nascita di Cristo, definendola “una gioia comune a tutti, perché il Signore è venuto per la liberazione di tutti” (Discorsi per il Natale, 1-3). Questa gioia, che abbraccia santi e peccatori, invita ogni persona a riconoscersi nella moltitudine che popola le scene della Natività, portando con sé le proprie difficoltà e aspirazioni.
.
(cliccare sulle immagini per ingrandirle)
Torna a: Religione ed arte
.