Antonio Canova – Statua di Paride – BStGS Inv. No. WAF B 4 – Wikipedia, pubblico dominio

Bello come un dio, ma imperfetto come un uomo: così Omero, nell’Iliade, dipinge Paride, il principe troiano il cui rapimento di Elena scatenò l’ira dei Greci e diede inizio alla guerra che avrebbe segnato la fine di Troia.
Paride è un personaggio complesso, a tratti contraddittorio: amante della vita pastorale ma pronto ad abbandonarla per inseguire il desiderio, non privo di coraggio ma spesso accusato di codardia per la sua riluttanza a combattere.
Sempre in ombra rispetto al fratello Ettore e agli altri eroi omerici, Paride non incarna l’ideale eroico celebrato dal poema, ma assume piuttosto il ruolo scomodo e tragico di colui che, pur inconsapevolmente, è responsabile della distruzione di Troia.

Figlio di Priamo, re di Troia, e della sua seconda moglie Ecuba, Paride discendeva dalla stirpe di Laomedonte, il sovrano che, tradendo la parola data a Eracle, aveva condannato la sua famiglia a una maledizione.
Già prima della nascita, la vita di Paride fu segnata da oscuri presagi: Ecuba, incinta di lui, sognò di dare alla luce una torcia che avrebbe incendiato Troia e tutta la sua regione. Spaventati, Priamo ed Ecuba decisero di abbandonare il neonato sulle pendici del monte Ida. Qui il piccolo fu allattato da un’orsa e poi trovato da un pastore, Agelao, che lo allevò come un figlio.

Crescendo, Paride si distinse per la sua bellezza straordinaria e le sue abilità nel tiro con l’arco e nella difesa degli armenti, guadagnandosi il rispetto dei pastori e l’ammirazione delle donne. Tra queste vi era la ninfa Enone, che lo sposò e gli diede un figlio, Corito.
Tuttavia, il destino di Paride lo portò lontano dalla quiete pastorale. Riconosciuto come figlio di Priamo e riammesso a corte, abbandonò Enone per Elena, la splendida figlia di Zeus e Leda, già moglie di Menelao

Paride si trova al centro di molti eventi chiave dell’Iliade: è l’amante di Elena, il fratello di Ettore e colui che, con una freccia scoccata con l’aiuto di Apollo, uccise Achille, l’eroe più grande dei Greci. Eppure, la sua figura rimane in secondo piano rispetto agli altri protagonisti, quasi a sottolineare il suo ruolo tragico e ineluttabile come colui che, più di tutti, porta sulle spalle il peso della rovina di Troia.

 

IL GIUDIZIO FATALE

Paride è protagonista di uno degli episodi più celebri della mitologia greca: il giudizio sulla gara di bellezza tra Era, Afrodite e Atena.
La leggenda narra che, durante le nozze del re Peleo e della Nereide Teti, la dea della discordia, Eris, esclusa dall’evento, scagliò un pomo d’oro con la scritta “alla più bella”. Questo gesto scatenò un’accesa disputa tra le tre dee su chi meritasse il titolo. Per porre fine al litigio, Zeus decise di affidare il compito di giudicare a un mortale. La scelta ricadde su Paride, noto per la sua bellezza e la vita semplice da pastore sul monte Ida.

Rubens – Il giudizio di Paride – Wikipedia, pubblico dominio

Avvicinato da Ermes, Paride inizialmente rifiutò l’incarico, ma accettò dopo essere stato persuaso. Una dopo l’altra, le dee cercarono di corromperlo con promesse allettanti: Era gli offrì potere e ricchezze illimitate, Atena la saggezza e l’invincibilità in battaglia, mentre Afrodite promise l’amore della donna più bella del mondo, Elena di Sparta.

Jacques-Louis David – Paride ed Elena di Troia (1788), Musée du Louvre, Parigi – Wikipedia, pubblico dominio

Paride scelse Afrodite, segnando inconsapevolmente il destino di Troia.

Protetto dalla dea, Paride lasciò la ninfa Enone, sua prima moglie, per recarsi a Sparta, dove fu accolto con onore dal re Menelao e da Elena.

Approfittando dell’assenza del re, partito per Creta, Paride conquistò il cuore di Elena, che fuggì con lui portando con sé ricchi tesori.

Durante il viaggio verso Troia, i due amanti furono colpiti da una tempesta, voluta da Era, che li spinse a Sidone. Qui Paride tradì l’ospitalità del re locale, saccheggiando la città prima di riprendere il mare.

A Troia, Priamo accolse Paride con affetto, ignorando le profezie che annunciavano la rovina portata dal figlio.

Ma dalla Grecia arrivò presto la notizia dell’imminente guerra: i principali eroi greci, uniti dall’antico giuramento di proteggere il matrimonio di Elena, si prepararono a vendicare l’oltraggio subito da Menelao.

Johann Heinrich Wilhelm Tischbein – Ettore ammonisce Paride per la sua morbidezza e lo esorta ad andare in guerra – Wikipedia, pubblico dominio

Durante la guerra, Paride si dimostrò un combattente ambiguo. Pur essendo un arciere abile, preferì spesso evitare lo scontro diretto. Questa riluttanza gli valse il rimprovero del fratello Ettore, che lo accusò di codardia persino alla presenza di Elena.
Quando finalmente affrontò Menelao in un duello destinato a risolvere il conflitto, fu sconfitto. Afrodite intervenne per salvarlo, nascondendolo in una nube e sottraendolo ai colpi del rivale.

Alla fine dell’assedio, Paride ferì a morte Achille, colpendolo al tallone con una freccia scagliata con l’aiuto di Apollo.
Tuttavia, la sua fine giunse per mano del greco Filottete, che lo colpì con una freccia avvelenata. Agonizzante, Paride si rivolse alla prima moglie, Enone, chiedendole aiuto. La ninfa, ancora ferita dall’abbandono, rifiutò di guarirlo. Pentita, si suicidò gettandosi nella pira funebre del marito.

Con la morte di Paride, si compì il destino che sin dalla nascita incombeva su di lui, sancendo la fine di Troia e l’inizio di una leggenda che avrebbe affascinato poeti e scrittori di tutte le epoche.

L’UCCISIONE DI ACHILLE

L’atto più famoso attribuito a Paride durante la guerra di Troia è l’uccisione di Achille, trafitto con una freccia al tallone, il suo unico punto vulnerabile. Questo evento, considerato il culmine della gloria di Paride, è tuttavia avvolto da ambiguità e variazioni mitologiche.

Secondo la versione più diffusa, fu Apollo a guidare la freccia scagliata da Paride, dando compimento al destino dell’eroe greco. Omero stesso, pur narrando la morte di Achille, lascia aperto il dubbio sul reale ruolo di Paride, relegandolo più a un esecutore che a un protagonista consapevole dell’atto.

Pieter Paul Rubens – La morte di Achille, 1630-1635. Rotterdam, Museo Boijmans Van Beuningen. – Wikipedia, pubblico dominio

Alcune versioni del mito sostengono addirittura che la freccia mortale fosse stata scoccata direttamente da Apollo, che avrebbe preso le sembianze di Paride per confondere gli altri guerrieri.
Altre varianti raccontano invece che Achille fu ucciso in un agguato orchestrato da Paride nel tempio di Apollo Timbreo, a Troia, dove l’eroe si era recato disarmato. Questa versione introduce un elemento tragico e romantico: sul finire della sua vita, Achille si sarebbe innamorato di Polissena, figlia di Priamo, e avrebbe considerato la possibilità di passare dalla parte dei Troiani per amore. Tuttavia, Paride, cogliendo l’occasione, lo uccise, eliminando ogni speranza per Troia di salvarsi dalla distruzione.

Indipendentemente dalla versione, l’uccisione di Achille non muta la percezione ambivalente di Paride come figura eroica. Più che un atto di coraggio o di virtù militare, il gesto rimane emblematico del ruolo di Paride come artefice, spesso inconsapevole, del destino di Troia.

 

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