Cosa potrebbero mai avere in comune due figure come Dante Alighieri e Leonardo da Vinci con le divinità sumere conosciute come Annunaki? Apparentemente nulla. Eppure, scavando a fondo in alcuni aspetti poco esplorati della loro conoscenza, emergono collegamenti sorprendenti.

Prendiamo Dante, ad esempio. Il Sommo Poeta non era solo un genio della letteratura, ma possedeva anche conoscenze astronomiche di livello altissimo. Secondo la scrittrice Chiara Dainelli, autrice del libro Il Codice Astronomico di Dante – il sapere proibito della Divina Commedia, queste conoscenze non erano frutto solo dell’intelletto del poeta, ma sembrano avere origini ben più remote: risalirebbero addirittura alla civiltà sumera.

I Sumeri, noti come uno dei popoli più antichi e avanzati dell’antichità, sono considerati i pionieri dell’astronomia. Le loro osservazioni celesti vennero successivamente sviluppate dai Babilonesi, che introdussero concetti come il ciclo luni-solare (poi ripreso dai Greci come “ciclo metodico”), la definizione delle costellazioni in base ai dodici mesi e l’invenzione dello zodiaco. Uno dei più importanti astronomi babilonesi fu Kidinnu, attivo tra il IV e il III secolo a.C., che elaborò sofisticati calcoli sui cicli della Luna e dei pianeti.

Secondo Zecharia Sitchin, Sippar, la città in cui operava Kidinnu, sarebbe stata un antico spazioporto comandato dalla divinità Utu prima del Diluvio Universale. Utu era fratello gemello di Inanna e figlio di Nannar, il primo Annunaki nato sulla Terra.
Nannar era venerato come dio protettore di Ur e Harran, importanti centri culturali e commerciali dell’epoca.

Andrea Pierini – Dante legge la Divina Commedia alla corte di Guido Novello – Palazzo Pitti – Wikipedia, pubblico dominio

Tutto questo dove ci conduce? A un’ipotesi audace: Dante potrebbe aver nascosto, nei versi della Divina Commedia, una conoscenza astronomica ereditata proprio da queste antichissime civiltà.

Ma dove si inserisce Leonardo da Vinci in questa narrazione?
Un curioso documento del XIX secolo, un manifesto rosacrociano, raffigura due personaggi riconoscibili come Dante e Leonardo. Dante indossa una veste simile a quelle templari, mentre Leonardo porta un copricapo piuttosto insolito. Tra i due compare il simbolo del Santo Graal.

Dopo attente ricerche, si è osservato che quel copricapo somiglia in modo impressionante a quelli indossati nelle raffigurazioni sumere da divinità come Utu, Inanna, Enki ed Enlil.
Esistono, certo, variazioni tra i copricapi degli Annunaki, ma la somiglianza è sorprendente. Se accettiamo questa suggestione, potremmo trovarci davanti a una simbolica cerimonia in cui Dante trasmette a Leonardo una conoscenza antica, rappresentata dal Santo Graal, il sapere perduto delle civiltà pre-diluviane.

E se non fosse solo simbolismo?
Un altro indizio ci viene proprio dalla Divina Commedia, nei versi finali del Paradiso, dove Dante descrive con immagini astrali qualcosa di misterioso. Osserviamo questi versi:

Lume è là sù che visibile face
lo creatore a quella creatura
che solo in lui vedere ha la sua pace.

E’ si distende in circular figura,
in tanto che la sua circunferenza
sarebbe al sol troppo larga cintura.

così mi si cambiaro in maggior feste
li fiori e le faville, sì ch’io vidi
ambo le corti del ciel manifeste..

Dante parla di una figura circolare così vasta da superare di gran lunga l’orbita del Sole. Una descrizione che richiama sorprendentemente l’orbita del pianeta Nibiru, descritto dagli antichi testi sumeri come un corpo celeste con un’orbita lunghissima, della durata di 3600 anni.

Il secondo indizio è racchiuso nella frase:

“ambo le corti del ciel manifeste”

Il termine “ambo” suggerisce la presenza di due corti celesti, due fonti di luce. Torna alla mente la teoria di Andy Lloyd, che ipotizza l’esistenza di una stella compagna del nostro Sole, una Nana Bruna chiamata “Dark Star”, attorno alla quale orbiterebbe proprio Nibiru. Questo doppio sistema solare è stato rappresentato in antiche tavole sumere, dove un misterioso puntino isolato sembra suggerire la presenza di un corpo celeste “extra”.

Il terzo elemento riguarda la struttura cosmica dantesca. Dante pone la Terra al centro dell’universo, circondata dai cieli e infine da Dio. Ma cosa succede se, come ha invertito la posizione del nostro pianeta per adeguarsi alla visione geocentrica della sua epoca, avesse fatto lo stesso con la figura divina?

E se “Dio”, nella visione astronomica nascosta di Dante, fosse in realtà un corpo celeste, un “creatore” orbitale? E la “creatura”, la Terra, si trovasse in rapporto di dipendenza gravitazionale e vitale da esso?

Un’idea ardita, certo, ma affascinante. Forse non stiamo parlando solo di poesia o mito. Forse, tra i versi e i simboli, ci viene trasmesso un sapere antico, custodito per millenni, che collega i Sumeri a Dante, e da Dante a Leonardo.

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