Nel 1621, partì per un importante viaggio in Italia, che durò sei anni. Qui, visitò città come Genova, Roma, Firenze, Parma, Bologna e Venezia, immergendosi nello studio dei grandi maestri italiani del Rinascimento, come Tiziano, Veronese e Correggio. Durante questo periodo, van Dyck si concentrò sullo sviluppo del ritratto, abbandonando i simbolismi e puntando su una rappresentazione dei soggetti che esaltasse la bellezza, l’autorità e la nobiltà, anche se con minore attenzione all’introspezione psicologica.
Rientrato ad Anversa nel 1627, van Dyck riprese a lavorare su opere a tema religioso, ma la sua crescente fama di ritrattista lo portò a essere ingaggiato dall’arciduchessa Isabella d’Asburgo, reggente dei Paesi Bassi per il re di Spagna. Tuttavia, il suo destino professionale sarebbe presto legato all’Inghilterra.
Nel 1632, van Dyck si trasferì a Londra, dove divenne pittore di corte del re Carlo I, che lo elevò al rango di successore ideale di Tiziano nel campo del ritratto.
Fu in questo contesto che van Dyck realizzò alcuni dei suoi ritratti più celebri, immortalando con eleganza l’aristocrazia inglese e lo stesso re, contribuendo a definire l’immagine di potere e maestosità dell’epoca.
Nel 1640, sposò Mary Ruthven, una nobildonna scozzese al servizio della regina, con la quale ebbe una figlia. La sua carriera, tuttavia, fu tragicamente interrotta dalla sua morte prematura, avvenuta il 9 dicembre 1641 a Londra, quando van Dyck aveva solo 42 anni. La sua eredità artistica continua a vivere nelle sue opere, che influenzarono profondamente il ritratto barocco in Europa.
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