Dafne, figlia di Gea e del fiume Peneo (o, secondo altre versioni, del fiume Lacone), era una giovane ninfa che viveva in armonia con la natura. Trascorreva le sue giornate tra la quiete dei boschi e il piacere della caccia, libera e spensierata, fino a quando il capriccio di due divinità, Apollo ed Eros, cambiò per sempre il corso della sua vita.
Secondo la leggenda, Apollo, orgoglioso per aver sconfitto il mostruoso serpente Pitone, incontrò Eros mentre questi stava forgiando un arco. Deridendolo, Apollo si vantò delle sue imprese, schernendo il dio dell’amore per non aver mai compiuto azioni degne di gloria. Ferito nell’orgoglio, Eros decise di vendicarsi. Si rifugiò sulla cima del monte Parnaso, dove preparò due frecce: una dorata e affilata, capace di suscitare una passione irrefrenabile, che scagliò nel cuore di Apollo, e una spuntata e di piombo, destinata a respingere l’amore, che colpì Dafne.
Apollo, consumato dalla passione, iniziò a inseguire Dafne, desideroso di conquistarla, ma la ninfa, colpita dall’incantesimo, provava solo repulsione e terrore.
Corse disperata tra i boschi, implorando aiuto alla madre Gea, che ascoltò le sue preghiere. Per proteggerla, Gea intervenne trasformando il corpo della figlia: i suoi capelli divennero fronde leggere, le braccia si innalzarono verso il cielo trasformandosi in rami flessibili, il corpo si rivestì di corteccia, e i piedi si radicarono profondamente nel suolo. Il suo volto svanì dolcemente nella cima di un albero, mentre le lacrime di Dafne segnavano l’ultimo addio alla sua forma umana.
Dafne era diventata un albero, il lauro, che porta ancora oggi il suo nome (dal greco dafne = lauro). Apollo, impotente e addolorato, abbracciò disperatamente il tronco, cercando invano la dolce ninfa. Sebbene la sua amata fosse ormai irraggiungibile, il dio dichiarò eterno amore per l’albero che Dafne era diventata, consacrandolo come simbolo di gloria e immortalità.
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