L’ipotesi che la civiltà egizia e la sua cultura siano il risultato di una civiltà ancora più antica e avanzata si basa su alcuni manufatti considerati “inspiegabili”, poiché non sembrano compatibili con le conoscenze tecnologiche attribuite all’epoca.
Tra queste teorie, una delle più discusse riguarda l’idea che gli Egizi possedessero conoscenze sull’elettricità. Questa speculazione nasce dall’osservazione di alcuni bassorilievi nel Tempio di Hathor a Dendera, che raffigurerebbero, secondo alcuni, oggetti simili a lampadine. Un ingegnere elettrico ha persino ricostruito e fatto funzionare un modello di quella che viene chiamata la “luce di Dendera”, alimentando il dibattito.
Tuttavia, la maggior parte degli egittologi interpreta queste raffigurazioni in modo diverso, facendo riferimento ai miti della creazione. Le incisioni, accompagnate da iscrizioni esplicative, rappresentano un fiore di loto da cui emerge il dio Atum-Ra, simboleggiato da un serpente che si solleva dal nulla, ovvero dal fiore stesso. La forma ovale che alcuni hanno identificato come una lampadina sarebbe, secondo questa interpretazione, un elemento simbolico legato alla mitologia egizia.
Non esistono inoltre testimonianze scritte o reperti archeologici che supportino l’idea di una conoscenza avanzata dell’elettricità nell’antico Egitto. L’assenza di tracce di fuliggine o l’uso limitato di torce all’interno di alcuni templi non è sufficiente per dimostrare l’esistenza di tecnologie elettriche. Nonostante ciò, alcuni sostenitori della teoria suggeriscono che l’elettricità fosse un segreto esclusivo dei sacerdoti, che avrebbero distrutto ogni prova del suo utilizzo per preservare il mistero.
In definitiva, l’interpretazione convenzionale degli egittologi, basata su miti e simbolismi religiosi, sembra essere la spiegazione più plausibile per i rilievi del Tempio di Hathor.
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