Quando si parla di pittura, è facile imbattersi nel termine “incisione“, un’arte spesso considerata accessoria ma capace di produrre opere di straordinaria bellezza.

Albrecht Dürer- San Girolamo nella cella, 1514 (Wikipedia – Pubblico dominio)

L’incisione ha radici antichissime, con testimonianze che risalgono alla preistoria, dove veniva praticata su pietra (incisioni rupestri) e ceramica (incisioni a crudo e a secco).
Durante l’età classica, questa tecnica fu ampiamente utilizzata nella ceramica greca a figure nere, nella decorazione di metalli (come gli specchi greci ed etruschi) e nell’arte parietale (graffiti di Pompei ed Ercolano). Nel corso dei secoli, l’incisione si è adattata ai materiali e agli stili più diversi, trovando spazio sia nell’architettura che nella decorazione di oggetti d’arte. Tuttavia, a partire dal Rinascimento, il suo ruolo principale è diventato quello di preparare matrici per la stampa.

Anthony van Dyck – Ritratto del pittore fiammingo Jan Snellinck (Wikipedia – Pubblico dominio)

La xilografia, la più antica tecnica di incisione, potrebbe derivare dalla stampa su tessuto. I primi esempi noti risalgono al XIV secolo, ma la tecnica trovò ampia applicazione nel XV secolo, soprattutto per l’illustrazione libraria in Germania e Italia.

L’incisione su metallo, in particolare la calcografia su lastre di rame, fu sviluppata simultaneamente in Italia e in Germania intorno alla metà del XV secolo.
Sebbene Giorgio Vasari attribuisca la sua invenzione al fiorentino Maso Finiguerra, è più probabile che questa tecnica sia nata tra gli artigiani specializzati nel bulino e nel niello.
Grandi artisti come Antonio del Pollaiolo (Combattimento di nudi) e Andrea Mantegna (Baccanali) furono tra i primi a esplorare le potenzialità della calcografia, rendendola una pratica prediletta per la sua versatilità e precisione.
In Germania, maestri come il Maestro E. S., Martin Schongauer, Urs Graf e soprattutto Albrecht Dürer approfondirono l’uso dell’incisione, sfruttandola per la sua straordinaria capacità descrittiva e analitica.

Nel XVI secolo si diffuse l’incisione ad acquaforte, che offriva una vasta gamma di effetti espressivi. Artisti come Parmigianino e Federico Barocci ne furono pionieri, seguiti nel XVII secolo da maestri come Guido Reni, il Guercino, Stefano della Bella e, soprattutto, Rembrandt, che portò questa tecnica al suo apice.

Tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, Marcantonio Raimondi definì una delle funzioni principali dell’incisione: la riproduzione delle opere pittoriche dei grandi maestri. Questo processo trasformò le immagini in un patrimonio visivo accessibile al pubblico grazie alla stampa. Tale ruolo di diffusione venne meno solo con l’avvento della riproduzione fotomeccanica, che aprì tuttavia la strada alla rinascita dell’incisione originale nei secoli XIX e XX.

A partire dalla seconda metà del XVI secolo, Bologna e l’Accademia carraccesca giocarono un ruolo fondamentale nel perfezionamento delle tecniche incisorie in Italia.
In Francia, dopo un avvio incerto, l’incisione raggiunse il massimo splendore nei secoli XVII e XVIII, grazie a figure come Jacques Callot, maestro dell’acquaforte, e Gérard Audran, celebre ritrattista a bulino.

In Italia, durante il XVIII secolo, l’opera di maestri come Giambattista Tiepolo (Capricci, Divertimenti, Fantasie) e incisori come Giuseppe Vasi, Canaletto e Bellotto portò all’affermazione del genere della veduta incisa, particolarmente a Roma e Venezia.
Infine, le visioni immaginifiche di Giovanni Battista Piranesi (Carceri) rappresentano uno degli apici insuperati di questa forma d’arte.

Dorè – Cristo morto (Wikipedia – Pubblico dominio)

 

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