Nato a Cordova nel 1126 con il nome Abu l-Walid Muhammad Ibn Ahmad Ibn Rushd, Averroè proveniva da una famiglia di eminenti giuristi malikita. Sia suo padre che suo nonno furono gadi, ovvero giudici locali. La sua formazione fu ampia: studiò hadith, teologia e giurisprudenza, e fu influenzato dal filosofo Avempace, con cui potrebbe aver collaborato.

Statua di Averroè a Cordova, Spagna – Wikipedia, pubblico dominio

Divenuto giurista, medico e filosofo, ricoprì l’incarico di gadi a Siviglia e Cordova. Oltre a un’importante enciclopedia medica, scrisse opere filosofiche e celebri commenti ad Aristotele.
Durante il califfato di Abd al-Mumin visse a Marrakesh, in un periodo di forte espansione degli Almoravidi, noti per il loro rigore religioso.

La sua opera più celebre è Tahafut al-tahafut (“L’incoerenza dell’incoerenza“), in cui risponde ad al-Ghazali, sostenendo la compatibilità tra filosofia e religione. Mentre al-Ghazali vedeva nella filosofia un pericolo per l’Islam, Averroè affermava che la verità si può raggiungere sia con la ragione che con la fede.

Alla fine del XII secolo, però, fu esiliato a causa dell’intolleranza religiosa e molte sue opere vennero censurate.
Morì a Marrakesh nel 1198, segnando la fine di una stagione di pensiero liberale nell’Islam andaluso.

Averroè, dettaglio della Scuola di Atene di Raffaello – Vaticano, Stanza della Segnatura – Wikipedia, pubblico dominio

Nonostante non conoscesse il greco, grazie alle traduzioni siriaco-arabe, Averroè poté studiare Aristotele e ne divenne il più grande commentatore del Medioevo. Le sue traduzioni latine permisero all’Europa di riscoprire il pensiero aristotelico, influenzando profondamente anche Tommaso d’Aquino.

Giovanni di Paolo, Tommaso d’Aquino confonde Averroè (1445), Saint Louis, Art Museum – Wikipedia, pubblico dominio

Per Averroè, filosofia e religione non erano in conflitto, ma due vie verso la stessa verità: la prima riservata agli intellettuali, la seconda accessibile a tutti. Riteneva legittimo per i filosofi indagare la religione con strumenti razionali, senza che ciò comportasse empietà.

Tra le sue opere, Kitab al-Kashf critica la teologia asharita, mentre Fasl al-Maqal difende la filosofia come strumento lecito di conoscenza. Tradotti in ebraico da Jacob Anatoli, questi testi influenzarono il pensiero ebraico fino a Spinoza.

Averroè, particolare del Trecentesco Trionfo di San Tommaso dell’artista fiorentino Andrea Bonaiuto. – Wikipedia, pubblico dominio

Nel campo della teologia, Al-Kashf an manahij al-adilla affronta i fondamenti della fede islamica, con particolare attenzione alla prova dell’esistenza di Dio, sostenuta da due argomentazioni: la Provvidenza (il mondo come ordine orientato all’uomo) e il disegno intenzionale dell’universo.

In cosmologia, distingueva tre livelli: causa agente (Dio), mondo fisico e corpi celesti.
In psicologia, identificava due tipi di intelletto: il passivo (connesso ai sensi) e l’agente (razionalità eterna e universale).

In medicina, il suo Kitab al-Kulliyyat fi al-Tibb fu testo di riferimento per secoli. Trattava anche di dissezione e autopsia, viste come mezzi per comprendere e glorificare la creazione divina.

Anche in fisica lasciò un segno: definì la forza come lavoro per cambiare lo stato di un corpo, anticipando nozioni che sarebbero poi divenute centrali, come l’attrito e l’inerzia.

 

 

.

Condividi: