Estia, la dea del focolare domestico, era la primogenita di Crono e Rea, nonché sorella maggiore di Zeus.
Tra le divinità greche, Estia è forse la più discreta e meno conosciuta, caratterizzata da un culto semplice e quasi privo di miti. Tuttavia, la sua importanza simbolica nella vita familiare e comunitaria era immensa.
In uno dei rari racconti mitologici che la riguardano, si narra che Estia fu corteggiata da Poseidone e Apollo. La dea, desiderosa di mantenere la sua verginità, chiese a Zeus di poter restare casta.
Zeus accolse la sua richiesta, concedendole grandi onori: Estia sarebbe stata venerata in ogni casa e in ogni tempio dedicato agli dèi.
Da quel momento, il focolare divenne il suo attributo simbolico, rappresentando pace e concordia.
Pur essendo meno nota rispetto ad altre divinità dell’Olimpo, Estia era tenuta in grande considerazione.
Veniva invocata in ogni sacrificio e riceveva le offerte migliori dei mortali, come segno di rispetto e gratitudine. Il suo voto di castità non era dovuto alla mancanza di bellezza; al contrario, la sua grazia attirò le proposte di matrimonio di Poseidone e Apollo. Tuttavia, Zeus, rispettando la sua scelta, rifiutò entrambe le richieste, probabilmente anche per evitare tensioni che avrebbero minacciato l’armonia divina.
Anche Priapo, il dio dell’istinto sfrenato, tentò di farle violenza durante un banchetto. Ma il raglio di un asino svegliò la dea, che costrinse il dio a fuggire sotto l’ira degli altri dèi. Questo episodio rafforza l’immagine di Estia come una figura protetta e inviolabile.
Estia non era celebre per miti spettacolari né per rappresentazioni artistiche. Raramente veniva raffigurata da pittori o scultori, poiché non possedeva tratti esterni distintivi. La sua presenza si manifestava invece simbolicamente nel fuoco, che rappresentava calore, unione e protezione. Il suo simbolo era il cerchio, richiamato sia dal focolare rotondo nelle case che dal braciere circolare nei templi.
In ogni città greca, il pritaneo, l’edificio principale, custodiva il fuoco sacro di Estia, che non doveva mai spegnersi. Questo fuoco, considerato il cuore pulsante della comunità, sanciva l’unità della città, vista come un’estensione della famiglia.
I coloni, nel partire per fondare nuove città, portavano con sé una torcia accesa dal pritaneo della loro terra natale, consacrando così ogni nuovo insediamento. Questa tradizione vive ancora oggi nel rito della fiamma olimpica.
Nella vita domestica, il fuoco di Estia era il fulcro della casa, utilizzato per riscaldare l’ambiente e cuocere i cibi. Era anche il centro di rituali familiari significativi:
- Il neonato diventava ufficialmente membro della famiglia dopo cinque giorni dalla nascita, durante una cerimonia in cui il padre lo portava attorno al focolare.
- La sposa, nel trasferirsi nella nuova casa, portava con sé una fiamma presa dal braciere della famiglia di origine, consacrando così il nuovo focolare.
Estia rappresentava il luogo di ritrovo, sia familiare che comunitario. Era il punto di accoglienza per gli ospiti, il rifugio per i supplici e il simbolo del ritorno a casa.
La sua divinità esprimeva il bisogno umano di un centro stabile, un luogo dove sentirsi protetti e uniti.
“Per lungo tempo credetti, erroneamente, che nel tempio di Vesta ci fossero statue.
Ma scoprii che sotto la cupola curva non vi erano effigi.
Un fuoco eterno ardeva in quel tempio,
perché Vesta non ha bisogno di immagini, così come il fuoco non ne ha.”
(Ovidio, Fasti, V, 255-258)
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