Ettore è una figura che emerge tra gli eroi classici non solo come guerriero, ma soprattutto come padre e patriota.
Secondo il neuropsichiatra Vittorino Andreoli, la famiglia di Ettore prefigura quella cristiana, incarnando valori simili di amore e sacrificio. Anche lo psicanalista junghiano Luigi Zoja, nel suo libro Il gesto di Ettore, descrive il principe troiano come un eroe intimo e modesto.
Un esempio emblematico di questo aspetto è la scena in cui Ettore, consapevole dell’ira di Achille per la morte di Patroclo, sa che affrontare il guerriero acheo significa andare incontro alla morte. Nonostante le suppliche delle donne troiane, non si sottrae al suo destino. La sua consapevolezza non lo rende meno eroico, anzi, esalta il suo coraggio e il suo senso della patria.
Uno dei momenti più toccanti che sottolineano la figura di Ettore come padre è il commovente addio alla moglie Andromaca e al figlio Astianatte.
Andromaca, già segnata dalla perdita di tutta la sua famiglia per mano di Achille, tenta invano di trattenere il marito con parole cariche di disperazione:
“Or mi resti tu solo, Ettore caro;
tu padre mio, tu madre, tu fratello,
tu florido marito…”.
Tuttavia, Ettore, pur amando profondamente i suoi cari, non rinuncia ai suoi doveri di guerriero. Quando si rivolge al figlio, che si spaventa vedendolo con l’elmo da guerra, Ettore compie un gesto profondamente umano: si toglie l’elmo, abbraccia il bambino e lo solleva al cielo, augurandogli un futuro glorioso, esprimendo il desiderio che Astianatte possa un giorno superarlo:
Giove pietoso
e voi tutti, o Celesti, concedete
che di me degno un dì questo mio figlio
sia splendor de la patria… Deh! Fate
che il veggendo tornar dalla battaglia,
dell’armi onusto de’ nemici uccisi
dica talun «Non fu si forte il padre»
Questa paternità di Ettore si distingue per la sua generosità: non teme che il figlio possa superarlo, anzi, lo desidera. Questo contrasto con il padre moderno è marcato: secondo alcuni sociologi, il padre contemporaneo, spesso troppo concentrato su sé stesso, rischiando di vivere il successo del figlio con un misto di gelosia e invidia.
Zoja riflette inoltre su come la figura del padre sia cambiata radicalmente nel corso del XX secolo. Dopo la Prima Guerra Mondiale, con l’ascesa dei totalitarismi, sono emersi modelli di leadership che più si avvicinano alla figura del guerriero egocentrico, come Achille, piuttosto che a quella del protettore della famiglia e della patria, come Ettore.
Hitler e Mussolini, pur presentandosi come padri delle nazioni, incarnavano un’immagine distruttiva e divoratrice simile a quella del dio Crono, che, divorando i propri figli, rappresentava va una figura profondamente anti-paterna.
Con le guerre mondiali, le donne sono state costrette a partecipare alla produzione fuori casa, minando le fondamenta della famiglia patriarcale. Questo cambiamento, unito all’evoluzione dei mestieri che non si tramandano più da padre in figlio, ha contribuito a una distanza crescente tra le generazioni. Dati recenti indicano che i padri americani dedicano in media solo sette minuti al giorno ai propri figli, e che, dopo un divorzio, il 79% dei padri scompare o non paga più gli alimenti.
La crisi della figura paterna, secondo Zoja, ha destabilizzato la psicologia collettiva. I padri rappresentavano un pilastro di responsabilità e stabilità. Oggi, i padri moderni, che spesso assumono ruoli tradizionalmente materni di cura e accudimento, possono avere difficoltà a svolgere l’altrettanto fondamentale compito di insegnare ai figli a confrontarsi con il mondo esterno.
In questo contesto, la figura di Ettore emerge come un modello lontano ma potente: un padre e guerriero che sa anteporre il bene della comunità e della famiglia al proprio destino.
vedi anche:
- Ettore, «colui che resiste»
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