Federico VII Hohenstaufen di Svevia, o Federico I di Sicilia o Federico II del Sacro Romano Impero 
(Jesi, 26 dicembre 1194 – Fiorentino di Puglia, 13 dicembre 1250).

Federico II, imperatore del Sacro Romano Impero in un affresco del XIII secolo – Wikipedia, pubblico dominio

Nel 1200, la Sicilia era al centro delle ambizioni di due grandi potenze europee: l’Impero tedesco, rappresentato prima da Enrico VI e poi da Ottone IV di Brunswick, e lo Stato della Chiesa. Quest’ultimo aveva sostenuto l’ascesa di Federico II di Svevia contro Ottone IV, ma a precise condizioni: la cessione della Sicilia alla Chiesa e l’organizzazione di una crociata contro i musulmani e i bizantini. Federico, però, ignorò entrambe le richieste.

Federico, nato a Jesi nelle Marche, salì al potere giovanissimo nel 1210, a soli sedici anni.
Uno dei suoi primi obiettivi fu ristabilire l’ordine in Sicilia, dove i feudatari locali avevano costruito fortificazioni per sfuggire al controllo centrale. Nel frattempo, il papa Innocenzo III combinò per lui un matrimonio strategico con Costanza d’Aragona, vedova del re d’Ungheria, una donna ricca e intelligente che si rivelò una preziosa consigliera.

Federico II e il suo falco. Dal suo libro ” De arte venandi cum avibus ” – Wikipedia, pubblico dominio

Nel 1212, Federico fu incoronato re di Germania, un evento che segnò l’inizio della sua scalata al potere. Dopo la vittoria nella battaglia di Bouvines, ricevette la corona imperiale nel 1220, promettendo al papa una crociata.

Anonimo – L’imperatore Federico II di Svevia (sinistra) incontra al-Malik al-Kāmil – (a destra) – Vatican Library – Wikipedia, pubblico dominio

Tuttavia, alla morte di Innocenzo III, Federico ritenne di non dover più rispettare l’impegno. Il nuovo papa, Gregorio IX, lo mise davanti a un ultimatum: partire per la crociata o essere scomunicato. Federico partì, ma con un approccio innovativo: negoziò una pace decennale con il sultano Malik al-Kamil, ottenendo Gerusalemme senza spargimento di sangue.

Durante la sua assenza, Gregorio IX lo scomunicò, accusandolo di collaborare con i musulmani, e invase parte del regno di Sicilia.

Al ritorno, Federico sconfisse il papa e firmò la pace di San Germano (1230).
Tornato in Sicilia, trovò un regno in disordine: feudatari ribelli, chierici corrotti e una popolazione stremata.
Federico avviò una riforma radicale del regno.

Nel 1231 promulgò le Costituzioni di Melfi, un codice legislativo che disciplinava ogni aspetto della vita del regno, dall’amministrazione alla giustizia.
Centralizzò il potere, trasformando i funzionari in burocrati stipendiati e riducendo l’autonomia delle città.
Bandì le guerre private, limitò il potere della nobiltà e confiscò proprietà ecclesiastiche.
I monopoli statali sul commercio di sale, ferro, seta e altre risorse generarono entrate, ma soffocarono l’economia borghese.

Michael Zeno Diemer – Il Cancelliere Aulico alla corte del mecenate Federico II, Re di Sicilia, a palazzo della Favara con letterati, artisti e studiosi siciliani. – Wikipedia, pubblico dominio

Federico fu anche un grande promotore della cultura.

Fece di Palermo un centro intellettuale europeo, fondò l’Università di Napoli nel 1224, la prima indipendente dalla Chiesa, e istituì la Scuola Siciliana, che usava il volgare nei componimenti poetici, anticipando il Rinascimento.
Parlava diverse lingue e studiava i classici latini, greci e arabi. Scrisse persino un trattato sulla falconeria, confutando Aristotele.

Nonostante la sua visione illuminata, Federico soffrì l’ostilità del papato e la mancata alleanza con la borghesia urbana.
Le sue politiche fiscali, considerate oppressive, causarono ribellioni, mentre le riforme amministrative centralizzate indebolirono il tessuto economico e sociale.

Nel 1245, il concilio di Lione confermò la sua scomunica, privandolo del sostegno di molti feudatari.

Scomunica dell’imperatore Federico II a Lione 1245 – Wikipedia, pubblico dominio

Gli oppositori guelfi e tedeschi ne approfittarono, e Federico subì una serie di sconfitte, culminate nella battaglia di Fossalta nel 1249.
Morì l’anno successivo in Puglia, lasciando un regno che, pur segnato da innovazioni, non riuscì a consolidare le basi per il futuro.

Sarcofago di Federico II nella Cattedrale di Palermo. – Wikipedia, pubblico dominio

 

Riflessioni su Federico II

Federico II dedicò la sua vita a perseguire l’ideale di un impero cristiano cosmopolita e pluralista, un obiettivo che si contrapponeva ai modelli emergenti di Stati centralizzati e autonomie borghesi comunali.
La sua visione si scontrò con due potenti avversari: la Chiesa, sempre più teocratica e culturalmente integralista, e i comuni del centro-nord Italia, decisi a difendere l’autonomia conquistata dopo la battaglia di Legnano contro il Barbarossa.

Federico II, imperatore del Sacro Romano Impero – Wikipedia, pubblico dominio

Diversamente dai suoi predecessori normanni, Federico poteva contare su un riconoscimento giuridico formale del suo impero da parte della Chiesa, un privilegio che i normanni avevano ottenuto solo alla fine del loro regno.
Questo legittimava Federico a cercare di emulare l’Impero bizantino, ormai in declino, tentando di creare una versione occidentale dello stesso.
Tuttavia, il suo obiettivo non era replicare il modello teocratico bizantino, in cui il basileus collaborava con la Chiesa ortodossa, ma piuttosto costruire uno Stato assolutista e teocratico privo di un reale potere ecclesiastico.
Federico intendeva essere il solo arbitro delle questioni religiose, ponendosi come garante dell’ortodossia.

La sua riorganizzazione dello Stato, fortemente “antifeudale”, vedeva il regno come una sua proprietà personale, privo di una reale autonomia politica.
Questo progetto si basava più sulla sua straordinaria personalità che sul sostegno delle forze sociali emergenti.
Federico ambiva a essere l’unico libero di agire all’interno del suo regno, in linea con la tradizione normanna, ma non comprese che, per costruire un simile impero, avrebbe avuto bisogno di una Chiesa collaborativa e di una classe sociale disposta a subordinare i propri interessi economici a un ideale superiore.

Nel sud Italia, più che nel nord, era emersa la necessità di uno Stato centralizzato, un’esigenza radicata negli ideali della cristianità bizantina, ancora presenti nel Meridione. Senza questi ideali, qualsiasi progetto di unificazione politica rischiava di fallire, lasciando spazio a una frammentazione di poteri antagonisti.

Per Federico, lo Stato centralizzato doveva essere lo strumento per armonizzare l’attività di tutte le classi sociali attorno a un ideale comune.
Tuttavia, nel tempo, questo ideale divenne sempre più astratto e limitato a porzioni di territorio sempre più ristrette. L’arrivo dei normanni, con la loro inclinazione per la conquista e il saccheggio, aveva progressivamente separato la gestione del potere dagli aspetti etico-religiosi.

La Chiesa romana contribuì a questa frattura, in particolare attraverso la proliferazione delle abbazie benedettine, centri di potere rurale che favorirono la frammentazione.
Per oltre un secolo, la politica dei sovrani normanni non favorì lo sviluppo dell’economia urbana e mercantile della Sicilia. Le corporazioni di arti e mestieri erano rigidamente controllate dallo Stato, a eccezione della corporazione dei medici di Salerno.
In generale, le attività economiche più redditizie venivano affidate a ebrei o mercanti stranieri, sempre sotto stretto controllo statale, mentre il commercio era considerato incompatibile con l’idea di uno Stato centralizzato.

 

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