Achille, il celebre eroe greco dell’Iliade, sarebbe stato invincibile se non fosse per l’unica vulnerabilità: il tallone.
A capo di un esercito formidabile, i Mirmidoni, Achille guida questi guerrieri con assoluta autorità, una disciplina così ferrea che li rende quasi simili a macchine obbedienti. Il termine “mirmidone”, infatti, fino a pochi secoli fa era utilizzato con un’accezione simile a quella che oggi riserviamo alla parola “automa”. Tuttavia, il nome “Mirmidoni” ha una radice più antica e precisa: deriva dal greco μύρμηξ, “formica”, simboleggiando l’instancabilità e la tenacia che caratterizzavano questi combattenti, disposti a tutto, anche alla morte.
Questi guerrieri leggendari, valorosi come pochi altri tra le fila greche, sono resi immortali dal racconto di Omero nella guerra di Troia. Ma, come avviene per molte storie dell’antica Grecia, le origini dei Mirmidoni affondano in miti dalle versioni diverse.
Tutto ha inizio, come spesso accade nei miti greci, con Zeus che si innamora follemente della ninfa Egina.
Per conquistarla, la rapisce, assumendo forse le sembianze di un’aquila o di una grande fiamma, e la porta sull’isola di Oenone, che prenderà poi il nome di Egina in suo onore. Dal loro legame nasce Eaco, un figlio destinato a diventare il re dell’isola.
La moglie di Zeus, Era, furiosa per l’ennesimo tradimento, scatena la sua vendetta sull’isola: avvelena le fonti d’acqua e provoca un’ondata di calore che miete vittime tra gli abitanti, ormai privi di risorse.
Eaco, disperato, si rivolge al padre Zeus, implorando il suo aiuto. Il dio, commosso, fa cadere una pioggia rigenerante che purifica l’isola e, in sogno, mostra a Eaco delle formiche arrampicate su una quercia sacra, le quali si trasformano in uomini. Al risveglio, Eaco trova l’isola popolata da nuovi abitanti pronti a riconoscerlo come loro re, e decidere di chiamarli Mirmidoni.
Eaco ha poi un figlio, Peleo, che in seguito a un tragico conflitto con il fratellastro Foco, è costretto a fuggire in Tessaglia, portando con sé un gruppo di Mirmidoni.
Il figlio di Peleo, Achille condurrà questo esercito a Troia, rendendoli celebri per il coraggio e l’obbedienza, simili a vere e proprie formiche.
Esiste una seconda versione del mito, legata anch’essa a Zeus. Questa volta il dio, assumendo le sembianze di una formica, seduce la mortale Eurimedusa, dando origine a Mirmidone, il cui nome ricorda la forma assunta da Zeus al momento del concepimento. Questo Mirmidone diventa re di Tessaglia, e da lui discendono Peleo e, infine, Achille.
Come molti miti greci, anche la storia dei Mirmidoni potrebbe riflettere eventi reali: l’isola di Egina, abitata sin dal Neolitico, divenne un punto commerciale di rilievo grazie alla sua posizione strategica tra l’Attica e il Peloponneso, soprattutto durante le civiltà minoica e micenea.
La ricchezza dell’isola è testimoniata da antichi gioielli in oro, noti come Tesoro di Egina e oggi conservati al British Museum, risalenti a un periodo compreso tra il 1800 e il 1500 a.C.
Nel periodo miceneo, sull’altura dell’isola, fu dedicato un santuario al dio Sole, poi associato a Zeus Hellanios.
Con il declino della civiltà del Bronzo, l’isola subì un periodo di abbandono, ma fu successivamente ripopolata da coloni provenienti da Epidauro, mantenendo tracce della cultura micenea anche dopo l’arrivo dei Dori intorno al 1200 a.C.
Durante l’epoca classica, Egina continuò a prosperare, divenendo un importante centro di traffici marittimi verso destinazioni lontane come la Spagna, l’Egitto e la Persia. Questo predominio commerciale suscitò l’invidia di Atene, che trovò un pretesto per il conflitto: un’antica disputa religiosa legata a statua portate sull’isola da Epidauro e a offerte sacre compiute “in modo errato”. Tuttavia, la vera causa del contendente era la rivalità per il controllo delle rotte marittime e del commercio.
Così, la leggenda dei Mirmidoni e la storia di Egina intrecciano mito e realtà, portando fino a noi l’eco di un passato che riecheggia ancora nell’epica omerica e nella ricchezza culturale dell’antica Grecia.
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