I Proci erano un gruppo di nobili pretendenti al trono di Itaca, protagonisti di un episodio chiave dell’Odissea di Omero.
Approfittando dell’assenza di Ulisse, disperso per dieci anni dopo la guerra di Troia, si insediarono nel suo palazzo, sperperando le sue ricchezze e cercando di costringere sua moglie Penelope a scegliere un nuovo marito.

La strage dei Proci da un cratere magnogreco (Campania, forse Capua, 330 a.C. ca., conservato al Louvre) – Wikipedia, pubblico dominio

I Proci si distinguevano per la loro arroganza e prepotenza. Banchettavano quotidianamente nel palazzo di Ulisse, divorando il suo bestiame e consumando il vino delle sue cantine. Erano convinti che Ulisse fosse morto e ritenevano che Penelope, in quanto regina, dovesse scegliere un nuovo sovrano per l’isola. Tuttavia, Penelope, fedele al marito, trovò diversi stratagemmi per rimandare la decisione, come il celebre trucco della tela che tesseva di giorno e disfaceva di notte.

Quando Ulisse fece ritorno a Itaca sotto mentite spoglie, con l’aiuto del figlio Telemaco e di alcuni fedeli, organizzò un piano per eliminare i Proci.
Il culmine della vicenda si raggiunge nella famosa scena dell’arco: Penelope promise di sposare chiunque fosse riuscito a tendere l’arco di Ulisse e a scagliare una freccia attraverso dodici scuri.
Nessuno dei Proci riuscì nell’impresa, ma Ulisse, ancora travestito da mendicante, prese l’arco e completò la prova senza sforzo. Subito dopo, si rivelò e, con l’aiuto di Telemaco e del fedele porcaro Eumeo, massacrò tutti i pretendenti.

Il destino dei Proci è un esempio del tema della giustizia divina e della punizione dell’arroganza. Nell’epica greca, chi trasgredisce l’ordine morale viene inevitabilmente punito. La loro fine segna il trionfo della legittimità e della fedeltà, valori fondamentali nella cultura greca antica.

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