Quando Afrodite, la dea dell’amore e della bellezza, fece il suo ingresso sull’Olimpo, fu accolta con grande entusiasmo da tutti gli dèi.
Solo due dee, Hera e Atena, non si unirono agli applausi. Queste due divinità, fino ad allora considerate le più ammirate per il loro fascino, provavano un sentimento di invidia per la nuova arrivata, che con la sua grazia divina aveva rapidamente catturato l’attenzione di tutti.
Quel giorno, sul monte Pelio, si celebravano le nozze della nereide Teti con Peleo, re dei Mirmidoni, un evento che aveva attirato l’interesse di tutto l’Olimpo.
Non tutti gli dèi, però, erano stati invitati. Eris, la dea della discordia, era stata esclusa dalla lista degli ospiti.
Offesa da questo affronto, decise di vendicarsi durante il banchetto nuziale. Nel bel mezzo della festa, fece apparire una mela d’oro con l’iscrizione: “Alla più bella“. Immediatamente, Hera si affrettò a prenderla, convinta che le spettasse di diritto, ma anche Atena e Afrodite rivendicarono la mela come propria.
Per evitare che la disputa degenerasse in un conflitto tra le tre dee, Zeus intervenne. Ordinò che il giudice della controversia fosse Paride (1), un giovane mortale celebre per la sua straordinaria bellezza.
Hermes fu incaricato di accompagnare le tre dee sul monte Ida, dove viveva Paride. Qui, davanti ai suoi occhi, gli fu consegnata la mela d’oro e gli venne spiegato che avrebbe dovuto decidere a chi spettasse il titolo di “più bella”.
Paride, trovandosi di fronte alla bellezza divina delle tre dee, era esitante. Per rendere la scelta più semplice, ciascuna di loro tentò di corromperlo con una promessa: Hera gli offrì il dominio sull’Asia, Atena gli propose saggezza e abilità in guerra, mentre Afrodite gli promise l’amore della donna più bella del mondo.
Paride, sedotto dalla promessa di Afrodite, le consegnò la mela d’oro.
Questa scelta ebbe conseguenze drammatiche: la donna più bella del mondo era Elena, moglie del re di Sparta, Menelao.
Paride rapì Elena e la portò con sé a Troia.
L’azione di Paride scatenò la guerra di Troia.
Hera e Atena, furiose per l’affronto subito, si allearono con i Greci e contribuirono alla distruzione della città.
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(1) Paride non era un giovane comune; era infatti figlio di Priamo, il potente re di Troia, e della regina Ecuba. Tuttavia, il suo destino fu segnato prima ancora che nascesse. Durante la gravidanza, Ecuba ebbe un sogno inquietante in cui il suo bambino avrebbe portato alla rovina della patria. Sconvolta, e temendo per il futuro di Troia, la regina decise di affidare il neonato a un pastore di nome Agelo, con l’ordine di abbandonarlo sul monte Ida, sperando così di scongiurare la profezia.
Agelo, obbediente alla volontà regale, portò Paride sul monte, ma non riuscì a eseguire l’ordine crudele. Mosso a compassione dalla fragilità del bambino, decise di salvarlo e lo allevò come se fosse suo figlio, facendolo crescere lontano dai fasti di Troia, ignaro delle sue origini regali.
Paride visse dunque come un semplice pastore, ignaro del suo destino e del ruolo cruciale che avrebbe giocato nella storia di Troia.
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