C’è una storia poco raccontata nella tradizione biblica, una leggenda che narra di Lilith, la prima donna creata da Dio, precedente a Eva.
Lilith, secondo alcuni antichi miti, sarebbe stata formata dalla stessa sostanza di Adamo e creata contemporaneamente a lui.
Questo dettaglio emerge dall’interpretazione di un versetto della Genesi:
“Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.”
(Genesi 1:27)
Tuttavia, il secondo capitolo del testo biblico sembra introdurre una narrazione differente: l’uomo viene creato dalla polvere del suolo (Genesi 2:7), mentre la donna, Eva, prende vita da una costola di Adamo (Genesi 2:22). Questo contrasto ha dato origine al mito di Lilith, una figura radicata non solo nella tradizione ebraica ma anche nelle antiche religioni mesopotamiche.
Lilith, si racconta, abbandonò il Paradiso Terrestre rifiutandosi di sottomettersi ad Adamo, sia simbolicamente che fisicamente. Non accettò di giacere sotto di lui, e per questa ribellione, decise di fuggire. Pronunciando il nome di Dio con rabbia, volò via e trovò rifugio sulle rive del Mar Rosso. A differenza di Adamo ed Eva, Lilith non toccò mai l’Albero della Conoscenza e, per questo, non fu condannata alla mortalità.
Con il tempo, Lilith fu demonizzata. Durante il Medioevo, la sua immagine fu trasformata in quella di un demone femminile. Un testo del X secolo, L’alfabeto di Ben-Sira, descrive la sua ribellione con queste parole:
“Disse: ‘Non starò sotto di te.’ E Adamo rispose: ‘Io non giacerò sotto di te, ma sopra di te. È adatto a te stare sotto, mentre io sono fatto per stare sopra.’“
Questa risposta spinse Lilith ad abbandonare il giardino dell’Eden, affermando la propria indipendenza.
Lilith è stata associata a storie oscure, come quella che la dipinge come un essere che rapisce e uccide i bambini. Eppure, versioni più antiche del mito la descrivono come protettrice delle donne incinte e delle partorienti. In questa figura ribelle si riflette la paura maschile verso una donna che rifiuta le imposizioni, che segue la propria natura selvaggia e che non si lascia addomesticare.
Alcune leggende suggeriscono che Lilith possa essere il serpente tentatore della Genesi. Raffigurata spesso con tratti animali – una coda di serpente o artigli rapaci – Lilith incarna l’archetipo della donna che sfida e destabilizza.
Personalmente, trovo affascinante questa lettura del mito. Lilith può essere vista come un simbolo di emancipazione femminile, un’icona che invita le donne a rivendicare il proprio potere interiore, a non farsi domare e a cercare la conoscenza dentro di sé. Tuttavia, è importante non ridurre la femminilità a una sola immagine archetipica. Ogni donna racchiude in sé molteplici energie, che vanno riconosciute ed equilibrate.
Il movimento femminista e quello Wicca hanno spesso adottato Lilith come simbolo di forza e autodeterminazione. Ma identificarsi esclusivamente in questa figura rischia di soffocare altre dimensioni della femminilità. La vera sfida è ascoltare la voce di Lilith senza dimenticare altre parti di sé.
Allo stesso modo, è fondamentale riscoprire il “sacro mascolino“, un principio archetipico che trova espressione in figure come l’Imperatore (la stabilità e l’azione decisa), il Sole (l’energia calda e il cuore) e il Papa (la comunicazione autentica).
Un uomo consapevole, che ha integrato queste energie, può unirsi a una donna altrettanto consapevole, in grado di incarnare l’Imperatrice (la creatività e la fascinazione), la Luna (l’accettazione e il mistero) e la Papessa (la saggezza e la gestazione interiore).
In definitiva, Lilith ci ricorda l’importanza di dire “no”, ma anche di scegliere quando dire “sì”.
L’equilibrio tra presenza consapevole e distacco deciso è essenziale per vivere pienamente la propria autenticità, in armonia con le diverse energie che albergano dentro di noi.
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