Omero, nell’Iliade (VIII, 3 e sgg.), descrive il sovrano dell’Olimpo con parole solenni:
“Su l’alto Olimpo il folgorante Giove
Tenea consiglio. Ei parla e riverenti
stansi gli Eterni ad ascoltar: M’udite
Tutti ed abbiate il mio voler palese;
E nessuno di voi, né Dio né Diva,
Di frangere s’ardisca il mio decreto;
Ma tutti insieme il secondate …
… degli Dei son io
Il più possente …”
Gea, madre dei Titani, non accettò mai che i suoi figli fossero stati confinati nel Tartaro. In cerca di vendetta, si recò in Cilicia per chiedere aiuto a Tifone (o Tifeo), una delle sue più terribili progenie. Generato dall’unione con Echidna, Tifone era il padre di mostri spaventosi come Cerbero, Scilla, l’Idra di Lerna, Ortro e la Chimera. La sua immensa statura superava le vette dei monti, e il suo corpo, dotato di cento teste sputafuoco, era temuto da chiunque lo vedesse.
Incitato dalla madre, Tifone si diresse verso l’Olimpo per sfidare Zeus e gli altri dei. Colti di sorpresa, gli dei fuggirono spaventati trasformandosi in animali: Apollo si fece corvo, Artemide gatta, Afrodite pesce, Ermes cigno.
Solo Zeus rimase per affrontare il colossale nemico.
Zeus combatté con tutte le sue forze, scagliando fulmini e folgori. Alla fine, riuscì a sconfiggere Tifone gettandogli addosso l’intera isola di Sicilia (secondo alcune versioni, Ischia), imprigionandolo sotto il monte Etna. Si narra che le eruzioni vulcaniche siano dovute alle fiamme sputate da Tifone nella sua eterna rabbia. Come racconta Ovidio nelle Metamorfosi (V. 346-358):
“La vasta isola della Trinacria si accumula su membra gigantesche […] spesso egli si sforza e lotta per rialzarsi […] vomita fiamme e scuote il terreno con i suoi tentativi di liberarsi.”