La domenica che precede la Pasqua, conosciuta come “Domenica delle Palme”, è celebrata sia in Oriente che in Occidente come memoria dell’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme.
Nella tradizione liturgica di Costantinopoli, la “Grande e Santa Settimana” si apre già il giorno precedente, con il sabato di Lazzaro, che anticipa il clima spirituale della domenica.

William Hole – La vita di Gesù (Ingresso a Gerusalemme) – Wikipedia, pubblico dominio
Questa festa, definita “splendida e gloriosa”, è intrisa di gioia e attesa.
La liturgia esclama:
“Rallegrati, Gerusalemme, esulta, o Sion! È giunto il Re eterno, il Signore degli eserciti. Tutta la terra trema dinanzi a Lui e acclama: Tutte le opere Lo celebrino!”
Nella Divina Liturgia si legge il Vangelo di Giovanni, capitolo 12, che narra la resurrezione di Lazzaro e l’ingresso messianico di Gesù nella Città Santa.
Nella liturgia romana, invece, il tono gioioso si limita alla processione iniziale: con la proclamazione della Passione, la Messa introduce nel dramma che segna l’inizio della Settimana Santa.
Nel IV secolo, la pellegrina Egeria descrive nel suo Diario di viaggio il modo in cui si svolgeva questa celebrazione a Gerusalemme: nel primo pomeriggio i fedeli si radunavano presso la chiesa dell’Ascensione, sul Monte degli Ulivi. Al calar del sole veniva letto il Vangelo dell’ingresso in Gerusalemme, seguito da una processione con rami di palma e di ulivo fino al Calvario e alla Basilica della Resurrezione. Qui, dopo la preghiera e il lucernario, l’assemblea si scioglieva nella notte.
Le rappresentazioni artistiche di questo evento, presenti fin dal IV secolo, mostrano elementi invariati: Gesù cavalca un asino non a cavalcioni, ma seduto di lato, come su un trono regale. La folla stende mantelli ai Suoi piedi e agita rami di palma in segno di gioia. A sinistra, sullo sfondo, si riconosce il Monte degli Ulivi, da cui il Maestro discese verso la città.

Giotto di Bondone – N. 26 Scene della vita di Cristo – 10. Entrata a Gerusalemme – WGA09206 – Wikipedia, pubblico dominio
Con questa domenica si apre un tempo carico di significato: è l’inizio del mistero, del sacrificio e della redenzione.
Duemila anni fa, proprio in questi giorni, si compiva il destino del Cristo. Per Lui si spalancavano i cieli, e nel segno solare della Croce, simbolo di vita e non solo di dolore, la realtà umana veniva elevata e trasfigurata nel Verbo.
Ogni anno, la Settimana Santa rinnova questo momento spirituale. Inizia con il trionfo, ma porta con sé un significato profondo e nascosto che, come un’onda silenziosa, attraversa la vita e il tempo.

Crocifisso ortodosso orientale con ramo della Domenica delle Palme – Wikipedia, pubblico dominio
Gesù, accolto dalla folla come “figlio di David”, sapeva che quella gloria umana era effimera. Il suo cuore era già abitato dalla tristezza: conosceva la fragilità dell’entusiasmo popolare, la vanità di quel potere che gli veniva attribuito. Il tempo, l’umanità, la storia intera invocavano da Lui il compimento del disegno divino. Pastore e agnello allo stesso tempo, si era preparato con il corpo e lo spirito a ciò che stava per venire.
Nel silenzio delle sue estasi, un angelo luminoso lo guidava: era Gabriele, lo stesso che aveva annunciato a Maria il mistero della sua nascita.
Gabriele gli parlava ora del martirio imminente, lo accompagnava lungo la via del dolore, portando su di sé parte del peso che Cristo stava per assumere. Non soffriva per Cristo, che era al di là del dolore, ma per l’umanità intera, che doveva rinascere attraverso la sofferenza del Figlio di Dio.
Quel giorno, tra la folla che lo acclamava, Gesù si sentiva solo. Solo con il suo segreto, iniziato già tra i monti azzurri della Galilea. Una luce interiore, quasi un uragano divino, lo attraversava; una forza imperscrutabile lo sosteneva. La voce eterna del Padre, attraverso Gabriele, lo stava conducendo verso il sacrificio supremo, affinché il sangue e la morte di un Dio potessero segnare l’inizio di una nuova ascesa per lo spirito umano.

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Sul Calvario, tre croci si stagliavano nere nel cielo di Gerusalemme.
Tre croci, tre vite, tre destini: l’uomo pentito, quello ribelle, e al centro, il Figlio di Dio.
Un’immagine potente, che da sola basta a farci riflettere sulla fragilità delle gioie terrene e sull’urgenza di vivere con il sostegno di una fede profonda, autentica, che ci aiuti a riconoscerci, come scintille immortali, nel cuore stesso di Dio.
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