Nell’Odissea, Omero introduce il termine “ψυχή” (psiche), che Socrate, in seguito, avrebbe adottato come fondamento della sua filosofia. La “psiche” rappresenta il “soffio vitale“, l’essenza della vita stessa, identificata con il respiro.
Per i Greci, Psiche simboleggiava dunque l’anima, considerata il principio che anima il corpo.
Sebbene le parole “anima” e “psiche” siano talvolta utilizzate come sinonimi, esistono sfumature importanti tra i due termini. “Psiche” ha connotazioni più terrene e fisiche, riferendosi all’essenza vitale dell’uomo in vita, mentre “anima” assume una dimensione più metafisica, manifestandosi pienamente al momento della morte.
Si riteneva che l’anima prendesse la forma del defunto, lasciando il corpo attraverso la bocca, e il suo legame era strettamente legato alla metafisica e alla religione. 

Da queste profonde astrazioni filosofiche e simboliche prese vita la favola di Psiche e Amore (Eros), una delle storie più affascinanti della mitologia classica. Questa narrazione intreccia temi legati all’anima, al desiderio e alla bellezza, esplorando il misterioso legame tra l’umano e il divino. La favola diventerà un vero e proprio mito dell’amore eterno, in cui l’anima (Psiche) e l’amore (Eros) si incontrano, si perdono e si riconciliano attraverso prove e tribolazioni, per poi essere uniti per sempre, simboleggiando l’amore eterno.

Cincinatus Barozzi – Amore e Psiche – Foto di Yair Haklai rilasciata con licenza Creative Commons – Condivisione alle stesse condizioni CC BY-SA 2.5

La favola di Psiche e Amore

Un re e una regina avevano tre figlie. Le prime due si erano sposate con nobili principi, ma la più giovane, Psiche, era talmente bella da intimidire ogni pretendente. Nessun uomo osava chiedere la sua mano, poiché tutti la veneravano come una dea, credendo che fosse la reincarnazione di Venere stessa. La sua bellezza divina attirava l’adorazione di molti, al punto che gli uomini cominciarono a trascurare i veri altari di Venere, preferendo rendere omaggio a Psiche. Perfino i templi più sacri, come quelli di Cnido, Pafo e Citera, vennero disertati a favore di questa mortale.

Venere (Afrodite), sentendosi trascurata e offesa dall’adorazione che gli uomini riservavano a una semplice mortale anziché a lei, decise di vendicarsi. In preda alla gelosia, la dea dell’amore pianificò una punizione crudele per Psiche e chiese l’aiuto di suo figlio Eros, il dio dell’amore, noto per le sue frecce che facevano innamorare.
Il piano di Afrodite era semplice ma spietato: Psiche doveva innamorarsi dell’uomo più misero e sfortunato della terra, con il quale avrebbe vissuto una vita di sofferenze e povertà.

Eros, obbediente, accettò la richiesta della madre. Tuttavia, non appena vide Psiche, rimase incantato dalla sua straordinaria bellezza. Confuso e distratto, per errore si ferì con la freccia che aveva preparato per lei, diventando vittima del suo stesso sortilegio. Incapace di nuocere a Psiche, Eros si innamorò perdutamente di lei e la protesse.
Nel frattempo, i genitori di Psiche erano angosciati. Nonostante la sua bellezza, nessuno osava chiedere la sua mano, e così il re decise di consultare l’oracolo di Apollo per sapere quale fosse il destino della figlia. L’oracolo diede una risposta inquietante: Psiche sarebbe stata sposata a un mostro, temuto persino dagli dèi, e avrebbe dovuto essere lasciata sulla cima di una montagna, vestita da sposa, in attesa del suo terribile destino.

Nonostante il dolore, i genitori di Psiche, temendo di disobbedire all’oracolo, la portarono sulla montagna al calar del sole, vestita di abiti nuziali. Lì, la lasciarono sola.
Zefiro, il vento dolce, intervenne e sollevò Psiche, trasportandola delicatamente in una valle fiorita, dove la adagiò su un letto di petali profumati.
Al sorgere del sole, Psiche si svegliò e si trovò di fronte a un palazzo meraviglioso, di una bellezza e grandezza tali da sembrare dimora di un dio. Entrando con timore, scoprì che il palazzo era ricolmo di ricchezze e tesori da ogni parte del mondo, ma nessuno sembrava custodirli. Una voce invisibile la accolse, dicendole che tutto ciò che vedeva apparteneva a lei, e che molti servitori erano al suo servizio.

William-Adolphe Bouguereau – Amore e Psiche, bambini – Wikipedia, pubblico dominio

William-Adolphe Bouguereau – Psiche e Amore (1889) – Wikipedia, pubblico dominio

William-Adolphe Bouguereau – Il rapimento di Psiche (1895) – Wikipedia, pubblico dominio

La sera, Psiche si coricò su un giaciglio e, quando si spensero le ultime luci, sentì una presenza accanto a lei.
Spaventata, fu però subito tranquillizzata da un caldo abbraccio e da una voce dolce che le sussurrò di non temere: era il suo sposo, e non avrebbe mai dovuto cercare di vederlo, ma accontentarsi del suo amore.
Psiche, rapita dalla dolcezza di quelle parole e dalle carezze gentili, non pose altre domande e si abbandonò al misterioso marito. Ogni notte si scambiavano dolci parole d’amore, ma al sorgere dell’alba, il marito svaniva.

Psiche, benché felice delle sue notti d’amore, soffriva per la solitudine durante il giorno e decisa, con il permesso del marito, di invitare le sue sorelle. Eros la mise in guardia, avvertendola che la loro visita avrebbe portatoto dolore e infelicità.

Il giorno seguente, Zefiro portò le sue sorelle al palazzo, e Psiche fu colma di gioia nel rivederle.
Le due donne, però, furono subito accecate dall’invidia alla vista delle immense ricchezze che la loro sorella possedeva. Curiosi, iniziarono a chiederle insistentemente chi fosse il suo misterioso marito. Psiche, temendo di disobbedire, evitava di rispondere con precisione, raccontando che il suo sposo era un ricco re che passava la giornata a caccia.
Le sorelle, sospettose, insinuarono che Psiche stesse nascondendo la verità e che suo marito poteva essere un terribile mostro. Alla fine, la convinsero che doveva scoprire la sua vera identità per non rischiare la propria vita.

François Gérard- Il dipinto mostra Cupido e Psiche. La farfalla sopra la sua testa simboleggia l’anima – Wikipedia, pubblico dominio

Quella notte, mentre il marito dormiva accanto a lei, Psiche prese una lampada e un coltello. Illuminando il suo volto, vide che non si trattava di un mostro, ma del bellissimo Eros, il dio dell’amore. Completamente rapita dalla sua bellezza, Psiche si sporse per baciarlo, ma per errore fece cadere una goccia d’olio bollente dalla lampada sulla spalla di Eros.
Il dio si svegliò di soprassalto, comprendendo immediatamente il tradimento. Ferito e deluso, le disse che il loro amore era stato rovinato e che ora dovevano separarsi per sempre. Psiche si gettò ai suoi piedi, ma Eros, con il cuore spezzato, spiegò le ali e scomparve nell’aria, portando con sé anche il castello.

Psiche, rimasta sola e disperata, decisa a cercare il suo amore perduto. Vagò senza meta per il mondo, affrontando numerose difficoltà. Amore, ferito e febbricitante, trovò rifugio presso sua madre, Afrodite. Quando la dea scoprì che suo figlio si era innamorato di una mortale, la sua rivale, andò su tutte le furie. Non potendo punire Eros, Afrodite decise di vendicarsi su Psiche e, con il permesso di Zeus, diffuse la notizia che la ragazza doveva essere punita come nemica degli dei.

Psiche, consapevole della gravità della situazione, decise di andare sull’Olimpo per chiedere perdono.
Afrodite, vedendola arrivare, la umiliò, la fece flagellare e le as segnò una serie di prove impossibili: le ordinò di ammucchiare un cumulo di grano, orzo, miglio e altri semi; di prendere un ciuffo di lana dal dorso di una pecora selvatica dal manto dorato; di riempire un’urna con le acque delle sorgenti dello Stige. In poche parole tutti compiti impossibili, che però Psiche riuscì a compiere con l’aiuto di formiche, che accumularono il grano, di una ninfa, che le spiegò come e quando avvicinare la pecora, e perfino dell’aquila di Zeus, che l’aiutò a prelevare le acque dello Stige.

Alla fine, quando Eros seppe delle sofferenze di Psiche, salì sull’Olimpo per chiedere a Zeus di permettere il loro matrimonio. 

Antonio Canova – Amore e Psiche, dettaglio – Image by Lara Badioli from Pixabay

Zeus, colpito dalla forza del loro amore, acconsentì, rendendo Psiche immortale e stabilendo l’unione tra lei ed Eros. Da quel momento in poi, Psiche divenne una dea, accolta tra gli dèi dell’Olimpo.

Giulio Romano – Banchetto di Amore e Psiche, affresco in Palazzo Te a Mantova. – Wikipedia, pubblico dominio

Dall’unione di Amore e Psiche nacque una figlia, Voluttà (Volupta), il cui nome incarna il significato profondo del piacere e della gioia. Voluttà simboleggia il frutto dell’amore puro e della perseveranza dell’anima, unendo così l’esperienza sensoriale con quella spirituale, in un’armonia perfetta.

Questa storia d’amore ha ispirato artisti, famosi e non, di tutti i tempi ed un  amico, Piero Ciaramelli, ha realizzato, in onore dei due protagonisti, anche una statua in cioccolato e mi ha omaggiato di alcune istantane (nel riquadro sottostante ve ne propongo tre)

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