Il rapporto dei Bretoni con la morte è fortemente radicato nella tradizione celtica, arricchito da riti e leggende che danno un senso profondo al momento del trapasso.
Tra queste tradizioni spicca l’Ankou, una figura scheletrica che incarna la morte ed è ampiamente presente nell’immaginario della Bretagna.

Disegno rappresentante l’Ankou – Wikipedia – Immagine: Moreau.henri, opera propria rilasciata con licenza CC BY-SA 3.0

Una notte di Natale, Fanch ar Floch, un artigiano diligente e onesto, si trovò costretto a mandare la moglie e i figli alla messa senza di lui per poter terminare un lavoro urgente. Prima di uscire, la moglie gli raccomandò:
Fa’ in modo che, almeno al suono della campanella dell’Elevazione, tu abbia posato gli strumenti.
Ma il lavoro lo assorbì completamente, e il momento sacro passò mentre era ancora al lavoro.
Proprio allora comparve uno sconosciuto. Indossava un cappello a larghe falde che gli copriva il volto e teneva tra le mani una falce dal manico storto. “Avrei bisogno del tuo aiuto per riparare questa,” disse l’uomo, indicando la falce. “È solo un piccolo chiodo da sistemare.”

Fanch, senza fare domande, si mise al lavoro e in pochi istanti la falce fu riparata. Quando terminò, lo sconosciuto lo ringraziò ma aggiunse:
Non ti pagherò in denaro. Ti lascio però un avvertimento: appena tua moglie tornerà dalla messa, dille di andare subito in paese a chiamare un prete. Perché questo lavoro è stato l’ultimo della tua vita.
Sconvolto, Fanch seguì le istruzioni. Allo spuntare del giorno, al canto del gallo, rese l’anima a Dio. Aveva riparato la falce dell’Ankou, la Morte, e aveva lavorato durante l’Elevazione, violando il rispetto sacro della celebrazione.

Da allora, la storia di Fanch ar Floch riecheggia come monito per rispettare i tempi sacri e per non sottovalutare gli incontri che il destino può riservare.

Condividi: