Si racconta che, in tempi antichi, presso l’attuale città di Reggio Calabria, vivesse una bellissima ninfa di nome Scilla.
Secondo alcune leggende, era figlia di Tifone ed Echidna, mentre altre tradizioni la descrivono come nata dall’unione di Forco e Ceto.
Scilla era conosciuta per la sua grazia divina e la sua innata bellezza, che sembravano rispecchiare la purezza delle acque del mar Tirreno. Amava passeggiare a piedi nudi sulla sabbia e immergersi nelle limpide onde, soprattutto nei pressi degli scogli di Zancle.
Una sera, mentre si riposava sulla spiaggia, sentì un suono insolito provenire dal mare. Con timore, vide un’onda avanzare verso di lei e, poco dopo, emergere dai flutti una creatura straordinaria: un essere metà uomo e metà pesce. Aveva il corpo azzurro, una folta barba verde, e capelli lunghi, adornati con frammenti di alghe marine.
Era Glauco, un dio marino. La sua origine, però, era umile: un tempo era stato un pescatore mortale nella città di Antedone, ma la sua vita cambiò quando scoprì un’erba magica che restituiva vita ai pesci appena pescati. Assaggiandola, Glauco divenne immortale, ma subì una trasformazione: i suoi piedi si mutarono in pinne e le gambe si fusero in una coda di pesce. In seguito, Oceano e Teti lo accolsero tra le divinità del mare, insegnandogli l’arte della profezia.
Determinatissimo a vincere il cuore della ninfa, Glauco decise di rivolgersi alla maga Circe, che abitava sull’isola di Eea.
Sperava che Circe, con il suo potere, potesse creare un incantesimo per far innamorare Scilla di lui. La maga lo accolse e ascoltò il suo racconto, ma invece di esaudire la sua richiesta, lo rimproverò. Gli ricordò che, in quanto dio, non avrebbe dovuto mendicare l’amore di una mortale. Circe gli propone invece di dimenticare Scilla e di unirsi a lei.
Glauco, però, rifiutò l’offerta con fermezza, dichiarando che il suo amore per Scilla era troppo forte per essere tradito. Il rifiuto di Glauco offese profondamente Circe, che, consumata dalla gelosia e dal rancore, decise di vendicarsi. Prese un filtro magico e lo versò nelle acque vicino agli scogli di Zancle, dove Scilla era solita immergersi.
Quando Scilla tornò sulla spiaggia e si tuffò in mare per rinfrescarsi, fu colpita da una terribile trasformazione. Intorno a lei emersero teste di cane mostruose, ringhianti e rabbiose. In preda al panico, cercò di scacciarle, ma con orrore si accorse che quelle teste erano parte del suo corpo: dalle sue gambe si erano allungati colli serpiformi terminanti in teste feroci. Dai fianchi in su, Scilla era rimasta la splendida ninfa di un tempo, ma il resto del suo corpo era diventato un mostro.
Sconvolta e sopraffatta dall’orrore, Scilla si gettò in mare, trovando rifugio in una grotta scavata in uno scoglio.
La sua nuova dimora si trovava di fronte alla caverna di Cariddi, un’altra creatura marina temuta dai marinai.
Da quel giorno, Scilla divenne una figura leggendaria e terrificante, un simbolo di bellezza distrutto dalla crudeltà degli dèi e dalla gelosia degli uomini.
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