Da sempre, per definire un corpo o una porzione di spazio, l’uomo ha fatto affidamento su tre dimensioni fondamentali: altezza, larghezza e lunghezza.
Tuttavia, i grandi iniziati delle tradizioni spirituali, sia d’Oriente che d’Occidente, conoscevano una quarta dimensione: l’iperspazio o, come lo definiva Platone, l’Iperuranio. Sebbene immaginare questa realtà superiore possa risultare difficile, è più semplice compiere l’operazione inversa: concepire un mondo con meno dimensioni del nostro.
Supponiamo, ad esempio, di eliminare l’altezza: ci ritroveremmo in un universo a due dimensioni, un mondo piatto, privo di profondità. In questo contesto, qualsiasi oggetto tridimensionale diventerebbe un’ombra, una semplice proiezione sulla superficie. La fotografia, il cinema, la televisione: sono tutti esempi quotidiani di immagini senza spessore.
L’ombra, infatti, non possiede volume. È la negazione stessa dello spessore dell’oggetto da cui proviene. Basta un esperimento semplice per capirlo: una sorgente luminosa, un oggetto, e uno schermo. Quando la luce attraversa l’oggetto, vediamo la sua ombra: una figura piatta, bidimensionale, priva di volume. Se aggiungiamo altri oggetti, le ombre si sovrappongono, dando forma a un universo bidimensionale fatto di proiezioni.
Facciamo un passo in più. Se, dopo aver eliminato l’altezza, cancelliamo anche la larghezza, ci resterebbe un’unica dimensione: la lunghezza. Avremmo così un mondo fatto di linee. Anche in questo caso, basta un esempio concreto: un cartoncino posto perpendicolarmente a una fonte luminosa e a uno schermo proietterà non una superficie, ma una semplice linea. Un’ulteriore riduzione.
E se infine togliessimo anche la lunghezza? Il mondo si ridurrebbe a un punto: qualcosa di apparentemente immateriale, privo di estensione, eppure origine di tutto. Con un bastoncino, una matita, o qualsiasi oggetto sottile tenuto perfettamente perpendicolare alla luce e allo schermo, si proietterà non più una linea, ma un punto. Il punto è la fine del processo di sottrazione spaziale, il limite estremo sul piano fenomenico.
Ma questo processo, che porta dal tridimensionale all’immateriale, è anche reversibile. Dal punto, principio virtuale, si può risalire alla tridimensionalità. È la stessa logica che troviamo nell’unità aritmetica: il numero uno. È il più piccolo tra i numeri, ma anche il più grande in principio, perché li contiene tutti in potenza, bastando a se stesso per generare ogni altra quantità.
Allo stesso modo, il punto geometrico non occupa spazio, eppure da esso si sviluppa l’intera realtà spaziale. È il principio, l’origine, come lo è l’uno in aritmetica. I grandi sacerdoti dell’antico Egitto conoscevano bene questo cammino, che Dante definisce “trasumanazione“:
“Trasumanar significar per verba
non si poria; però l’essemplo basti
a cui esperïenza grazia serba.”
(Paradiso, I, 70-72)
Questa conoscenza venne trasmessa a pochi eletti: Pitagora, Platone, Mosè, Buddha, Cristo. Tutti loro comprendevano il significato profondo della trasmutazione spirituale.

Bartholomaeus Spraneers – Minerva vittoriosa sull’ignoranza – Wikipedia, pubblico dominio
Che conclusione possiamo trarne oggi?
Viviamo in un mondo assordato da parole vuote, privo non solo della quarta dimensione, ma spesso anche delle tre più basilari. Un mondo che ha smarrito il sapere, la vera conoscenza. Il rumore ha preso il posto del silenzio interiore. Come scrive Dante:
“Diverse lingue, orribili favelle,
parole di dolore, accenti d’ira…”
(Inferno, III, 25-30)
La verità, supremo bene, è diventata un argomento dimenticato. Abbiamo la sensazione, talvolta il timore profondo, che tutto ciò che è bello e prezioso sia destinato a svanire nell’oblio, senza che nulla di autenticamente nuovo lo sostituisca.
Quando la memoria si dissolve, quando le radici vengono tagliate, non può esserci alcuna rinascita.
Viviamo un presente tragico, dove il calore umano sembra estinto. L’intolleranza, la cupidigia, la sete di potere, la guerra, il razzismo, la fame e la morte imperversano senza freni. L’uomo corre, accecato dal progresso tecnico-scientifico, dimenticando il cielo, dimenticando lo spirito.
Eppure, è proprio nel mondo dello spirito, la conoscenza intelligibile, che si cela la nostra salvezza. Per questo, la Scuola della Tradizione deve restare viva. Verrà un tempo in cui gli uomini, stanchi di vivere in superficie, sentiranno il bisogno di ascoltare la voce dei Grandi Iniziati.
“E Dio abiterà con loro e asciugherà ogni lacrima dai loro occhi,
e la morte non ci sarà più, né lutto, né lamento, né affanno,
perché le cose di prima sono passate.”
(Apocalisse, 21:4)
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