Fidia, celebre scultore greco nato ad Atene intorno al 490 a.C. e morto probabilmente nel 430 a.C., è considerato il massimo interprete dell’arte scultorea dell’età classica. Dotato di una padronanza assoluta di materiali e tecniche – dal bronzo al marmo, dall’avorio all’oro, dal rilievo alla scultura a tutto tondo – lasciò un’impronta indelebile nella storia dell’arte antica.

La sua carriera fu costellata da opere ambiziose, spesso monumentali. Tra le prime creazioni si annoverano una statua crisoelefantina di Atena per Pellene, un Apollo Parnopios in bronzo, l’imponente Atena Promachos sull’acropoli di Atene, e l’elegante Atena Lemnia.

Statua di Zeus realizzata da Fidia in oro e avorio nel tempio principale di Olimpia – Wikipedia, pubblico dominio

Ma fu intorno al 450 a.C. che Fidia realizzò la sua opera più straordinaria: la colossale statua di Zeus per il tempio di Olimpia, realizzata anch’essa in oro e avorio. Questa scultura, che divenne una delle sette meraviglie del mondo antico, suscitò meraviglia in tutti coloro che ebbero la fortuna di ammirarla. Si diceva che bastasse uno sguardo per dimenticare ogni afflizione.

Xilografia di Sidney Barclay – La statua di Zeus ad Olimpia, secondo un’incisione del XIX secolo – Wikipedia, pubblico dominio

Zeus era raffigurato seduto su un trono, alto circa quattordici metri, con lo sguardo sereno e benevolo, incoronato da rami d’olivo. Nella mano destra reggeva una Vittoria, anch’essa in oro e avorio, alta quasi due metri; nella sinistra uno scettro sormontato da un’aquila dorata. Il dio indossava un peplo d’oro finemente drappeggiato e calzari cesellati, decorati con scene mitologiche. I suoi piedi poggiavano su uno sgabello sorretto da leoni scolpiti a tutto tondo.

Il trono era un capolavoro nel capolavoro: intarsiato di oro, avorio, ebano, pietre preziose e dipinti, era ornato da figure divine e mitologiche. Sui braccioli sedevano sfingi, simboli di mistero e potere. Le gambe del trono erano animate da Vittorie danzanti, mentre tra le sbarre che le collegavano si ammiravano scene epiche come la battaglia di Eracle contro le Amazzoni. Ai lati del capo della statua troneggiavano le Cariti e le Ore, dee dell’armonia e del tempo.

Sotto i piedi di Zeus si trovava il “thranion”, uno sgabello ornato di leoni d’oro e bassorilievi raffiguranti Teseo in battaglia contro le Amazzoni, omaggio alla gloria ateniese.

Purtroppo, della statua oggi non resta nulla. Ma grazie alle descrizioni di autori antichi come Pausania, e a rare raffigurazioni su monete e affreschi – come quello scoperto a Eleusi – possiamo farci un’idea della sua imponenza. L’imperatore Adriano ne fece realizzare una copia in miniatura per la sua villa a Tivoli, prova dell’ammirazione perpetua che suscitava.

Antonio Tempesta – La statua di Zeus ad Olimpia – Wikipedia – Immagine di Rijksmuseum rilasciata con licenza CC0

Le fonti sono poche, le immagini assenti, le descrizioni frammentarie. Eppure, la statua di Zeus rimane impressa nella memoria collettiva come un’apparizione mitica.

È una di quelle opere perdute che possiamo solo immaginare, intuire, quasi come si fa con le verità invisibili: reali, ma mai del tutto afferrabili.

 

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