Gian Lorenzo Bernini – Ratto di Proserpina – Galleria Borghese – Rome, Italy – Wikipedia, pubblico dominio

Plutone era considerato il Dio indivisibile, figlio di Saturno (Crono) e di Rea nonchè sposo di Proserpina.

La sua storia cominciò con l’atto estremo del padre che lo inghiottì, solo per essere poi liberato. Al momento della spartizione dei regni tra i fratelli, a Plutone fu assegnato il sottosuolo, e lì discese definitivamente. Questo sovrano formidabile era una presenza tanto temuta da non essere nominata se non di rado.
Plutone, Dio dell’oltretomba, non era solo il custode dei giuramenti e il giudice inflessibile degli spergiuri, ma anche l’implacabile ministro delle maledizioni divine.

L’imponente scenario mitologico in cui si sviluppano queste vicende è dominato dalla titanomachia e dalla successiva spartizione dei regni tra i tre fratelli divini. Giove scelse di regnare sulla terra e sul cielo, Nettuno ottenne il dominio dei mari, mentre Plutone si ritirò nelle profondità del regno delle ombre, assumendo il ruolo di sovrano dell’oltretomba.

Leggendo Treves che ha affascinato intere generazioni di giovani, mi viene da chiedermi se ancora oggi si leggano testi cosi completi sul mondo classico e mitologico, e peraltro non credo in modo approfondito come un tempo, del resto lo stesso testo di Treves, previsto per le scuole medie, è scritto in un linguaggio aulico ampiamente descrittivo.

Sentite come descrive il regno di Plutone.

Ade si trovava al centro della Terra, immerso nelle tenebre e nel mistero dell’Erebo, e comunicava con il mondo esterno attraverso caverne dalle profondità insondabili.” In queste parole si può scorgere un’eco dell’Inferno dantesco, con la figura del traghettatore dell’Acheronte, il quinto fiume che circonda l’Ade. “Il burbero Caronte, infatti, era incaricato di traghettare le anime, ma solo se gli si offriva il giusto obolo e se il corpo del defunto aveva ricevuto una sepoltura adeguata. In caso contrario, Caronte scacciava l’anima, condannandola a vagare eternamente lungo la desolata riva

Gustave Doré – Cerbero, Dante e Virgilio – Wikipedia, pubblico dominio

Un’altra presenza celebre dell’oltretomba è Cerbero, il temibile cane a tre teste. Questo guardiano infernale si mostrava “mansueto con chi entrava, ma feroce con chi tentava di uscire”

Nel mondo mitologico esisteva un vero e proprio sistema di giudizio nell’aldilà, con tre giudici: Eaco, Minosse e Radamanto. Questi valutavano le anime e le destinavano a luoghi diversi in base ai meriti o demeriti della vita terrena: il nero Tartaro per i malvagi, i Campi Elisi per i giusti, oppure le isole dei Beati per le anime più pure. È impossibile non scorgere in questa struttura una similitudine con la divisione dei tre regni della cultura cristiana.

Molte delle figure e delle punizioni di questo mondo inferiore sono entrate nel nostro linguaggio quotidiano, quasi come simboli universali. Ad esempio, si parla di “fatica di Sisifo” per indicare uno sforzo interminabile e senza esito, riferendosi al mito di Sisifo, condannato a spingere in eterno un masso su per una collina, solo per vederlo rotolare nuovamente a valle appena raggiuta la cima.
Allo stesso modo, il “supplizio di Tantalo” richiama la pena inflitta a Tantalo, condannato a soffrire eternamente di fame e sete, con cibo e acqua sempre fuori dalla sua portata.

Nell’oltretomba abitavano anche altre figure leggendarie: i Titani, il gigante Tizio con il fegato eternamente divorato dagli avvoltoi, Issione legato a una ruota infuocata in perpetuo movimento, e le Danaidi, condannate per l’eternità a riempire d’acqua contenitori senza fondo…

Tiziano Vecellio – La punizione di Tizio – Museo del Prado – Wikipedia, pubblico dominio.

Interessante è la sorte riservata alle anime dei mediocri: “pallide ombre dall’aspetto umano, ma diafane e smarrite, prive di vera coscienza. Erravano senza provare né pena né gioia attraverso i campi di asfodelo.” Queste anime, lontane dai tormenti ma anche dai premi, sembrano destinate a un’esistenza di perenne vagare.

Per i Greci e i Romani, l’equivalente del Purgatorio era rappresentato dai Campi Elisi, il luogo dove venivano accolte le anime dei giusti. Questo era un paesaggio lussureggiante, immerso in una primavera eterna e illuminato dal sole, dove la natura esplodeva in tutta la sua bellezza, adornata da pioppi argentati. Le anime di coloro che avevano legami di sangue con gli dèi, come Ercole, o che godevano del favore divino, come gli eroi omerici Achille e Ulisse, raggiungevano le Isole dei Beati. Anche qui, la natura rigogliosa offriva alberi dai frutti d’oro, roseti in fiore, e uno stile di vita all’insegna della libertà, con cavalcate, gare atletiche e tanta musica. 

Questo è il mondo di Plutone, che oggi associamo al nono pianeta del nostro sistema solare, ma che per gli antichi rappresentava l’altro mondo.
In questo regno tenebroso, si aggiravano divinità cupe come Tanatos e Hypnos, la morte e il sonno, figli della Notte, insieme a tutta la schiera dei Sogni, sia veritieri che ingannatori, e figure terrificanti come le Keres, seguaci di Marte, e le implacabili Erinni.

 

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