
Dalla famosa pala d’altare di Gand, un dipinto del XV secolo di Hubert e Jan Van Eyck nella cattedrale di San Bavone: Particolare del Polittico dell’Agnello Mistico, 1432 – Wikipedia, pubblico dominio
Quando Giovanni il Battista, vedendo Gesù venire verso di lui, esclama: «Ecco l’agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo» (Gv 1,29), richiama un’immagine profondamente radicata nella cultura e nella spiritualità del mondo mediterraneo.
L’agnello, infatti, è da sempre un animale simbolico, associato alla bellezza, alla purezza e alla fragilità della vita. Per i popoli di pastori, come Israele, la nascita di un agnello era un evento prezioso, familiare, ricco di significato.
Grazie alla sua innocenza, semplicità e pazienza, l’agnello è diventato nella tradizione biblica l’immagine dell’uomo pio. Già nei riti religiosi più antichi, questo animale veniva spesso scelto per i sacrifici, proprio per la sua purezza. Nella Bibbia, la sua figura assume un profondo valore simbolico: rappresenta la fiducia totale, l’obbedienza e la dipendenza del credente da Dio, come l’agnello dipende dal pastore.
Il profeta Isaia, per esempio, descrive così l’amore del Signore per il suo popolo: «Come un pastore egli fa pascolare il gregge… porta gli agnellini sul seno» (Is 40,11).
L’agnello diventa anche simbolo della liberazione e della speranza. Nei sacrifici quotidiani del Tempio, ogni mattina e ogni sera si offriva un agnello (cf. Es 29,38). Era un dono a Dio, il migliore e il più puro: offrendo un agnello, l’uomo offriva simbolicamente se stesso. Questo si comprende bene nel racconto di Abramo e Isacco, quando Dio provvede un agnello da sacrificare al posto del figlio, risparmiando la sua vita (cf. Gen 22,7-8).
Il momento più significativo per comprendere il ruolo dell’agnello nell’Antico Testamento è la Pasqua ebraica: in quella notte, il sangue dell’agnello segnava le porte degli Israeliti e li proteggeva dalla morte (cf. Es 12,22-23). L’agnello pasquale, senza difetti e immolato per la salvezza, diventa così una figura centrale della fede ebraica.

Guido Reni – Cristo coronato di spine – Detroit Institute of Arts – Wikipedia, pubblico dominio
Proprio a questo riferimento si lega Giovanni Battista quando riconosce in Gesù il vero Agnello di Dio. Gesù è la nuova Pasqua: è lui la vittima sacrificale che dona il suo sangue per la salvezza dell’umanità.
L’apostolo Paolo afferma con chiarezza: «Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato» (1 Cor 5,7). Anche Pietro sottolinea la preziosità del suo sacrificio: «siete stati liberati… con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia» (1 Pt 1,19).
Numerosi dettagli della Passione di Gesù rimandano all’immagine dell’agnello pasquale: il suo silenzio durante il processo richiama il «pecora muta di fronte ai suoi tosatori» (Is 53,7); sulla croce non gli furono spezzate le ossa, proprio come prescritto per l’agnello pasquale (cf. Es 12,46; Gv 19,36); e morì nel momento in cui, nel Tempio di Gerusalemme, si immolavano gli agnelli per la festa di Pasqua.
Nel libro dell’Apocalisse, Cristo-Agnello è il centro della visione celeste: è ritto in mezzo al trono, con i segni del suo sacrificio (cf. Ap 5,6).
Egli è la luce della Gerusalemme celeste, il nuovo tempio, lo Sposo delle nozze eterne, colui che è degno di ricevere gloria e onore (cf. Ap 5,9-13; 21,22-23).

Giovanni Bellini – Pietá – Pinacoteca di Brera – Wikipedia, pubblico dominio
Infine, Gesù stesso si identifica con il buon pastore che cerca la pecora smarrita (cf. Lc 15,4ss) e affida i suoi discepoli alla cura amorevole di Pietro (cf. Gv 21,15).
L’immagine dell’agnello, dunque, attraversa tutta la Bibbia come simbolo di amore, sacrificio e redenzione, culminando nella figura di Cristo, l’Agnello che dona la vita per la salvezza del mondo..
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