Le Erinni, temibili divinità della vendetta, erano figlie dell’Acheronte e della Notte, oppure, secondo altre tradizioni, di Plutone e Proserpina.
Esiodo racconta che ebbero origine dal sangue di Urano, versato quando fu mutilato dal figlio Crono.
Queste dee erano tre:
- Aletto, la cui furia non conosce tregua né riposo;
- Tisifone, l’implacabile persecutrice degli assassini;
- Megera, portatrice e incarnazione dell’odio.
La loro immagine era terrificante: con serpenti intrecciati al posto dei capelli e lugubri fiaccole a illuminare il loro cammino, inseguivano senza pietà i colpevoli, conducendoli alla follia e al tormento eterno. Nessuno poteva sfuggire alla loro ira, finché non fossero completamente travolti dalla disperazione.
Con il tempo, la loro figura fu reinterpretata in modo meno spaventoso. Oltre a punire, venne loro attribuita una funzione moderatrice: divennero le Eumenidi, le “Benevoli“, dee ragionevoli, pronte a mostrare indulgenza a chi si pentiva sinceramente delle proprie colpe.
Le Erinni non si limitavano a colpire i colpevoli dopo la morte: la loro furia si manifestava anche contro città e nazioni, portando peste, guerre, inondazioni, siccità e carestia. Per placare la loro ira, si sacrificavano pecore nere gravide, montoni e tortorelle, e si consideravano sacri alla loro divinità alberi come il cipresso, l’ontano e il cedro, circondati da bianco pino, zafferano e cardi, simboli del loro legame con il mondo infero.
In Grecia, le Erinni avevano un tempio vicino all’Areopago, dove i malfattori potevano cercare asilo inviolabile. Prima di presentarsi davanti ai giudici, questi dovevano compiere sacrifici alle dee e giurare sui loro altari di dire la verità, senza nasconderla né alterarla.
Personaggi come Oreste ed Edipo furono tormentati incessantemente dalle Erinni (chiamate Furie dai Romani) per i loro delitti, consapevoli o meno. Solo dopo aver espresso profondo pentimento, la misericordia divina finì per concedere loro il perdono per gli orrendi crimini di cui si erano macchiati.