Le Prassidiche, conosciute anche come la Triade Divina, erano tre dee dell’antica religione ellenica, strettamente legate alla giustizia e alla vendetta ed erano considerate le nutrici di Atena.
Il loro culto era particolarmente venerato in Beozia, specialmente nella città di Lebadea, dove sorgeva un importante santuario a loro dedicato.
Il nome “Prassidiche” deriva dal verbo greco prássō, che significa “agire” o “fare giustizia”. Le dee erano considerate forze regolatrici dell’ordine morale e sociale, intervenendo per punire i colpevoli e garantire l’equilibrio universale. Sebbene siano meno note rispetto alle Erinni o alle Moire, il loro ruolo era essenziale nella concezione greca della giustizia divina.

Nascita di Atena. Exaleiptron attico (treppiede a figure nere), ca. 570–560 a.C. Trovato a Tebe – Wikipedia, pubblico dominio
Le fonti antiche non sempre concordano sui loro nomi, ma generalmente si ritiene che le Prassidiche fossero tre:
- Alalcomenia – Rappresentava la protezione della giustizia e della legge.
- Thelxinoea (Telsinia o Delcinia)– Simboleggiava il potere della persuasione e dell’influenza divina.
- Aulis (Aulide)– Associata al destino e all’inevitabilità delle conseguenze per le azioni umane.

Trofonio – Historia Deorum Fatidicorum, Ginevra, 1675. – Wikipedia, pubblico dominio
Il santuario principale delle Prassidiche si trovava a Lebadea, accanto all’oracolo di Trofonio, un altro importante centro religioso dell’antica Grecia.
I devoti si recavano al tempio per chiedere consiglio e purificazione, poiché si credeva che le dee potessero intercedere per mitigare le colpe o punire gli ingiusti. I riti comprendevano offerte votive, sacrifici e processioni solenni.
Nonostante la loro minore fama rispetto ad altre divinità greche, le Prassidiche incarnavano un aspetto fondamentale della religiosità ellenica: la connessione tra azione e conseguenza.
Il loro culto, con il tempo, si fuse con altre figure della mitologia, ma il loro significato rimase vivo nel pensiero greco e romano.
Oggi, il loro mito è un interessante esempio di come le antiche civiltà percepivano il concetto di giustizia divina, influenzando ancora il modo in cui comprendiamo la relazione tra morale, legge e destino.
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