La chiesa costruita presso il Canopo di Alessandria, che custodiva le reliquie di San Marco, fu incendiata nel 644 durante l’invasione araba. Fortunatamente, fu ricostruita dai patriarchi Agatone (662-680) e Giovanni di Samanhud (680-689), che ne preservarono la memoria.

Nel lontano 828, due mercanti veneziani, Buono da Malamocco e Rustico da Torcello, approdarono proprio in quel luogo. Venuti a conoscenza del pericolo in cui versavano le reliquie del santo, minacciate dagli arabi, decisero di sottrarle e portarle con sé a Venezia. Non fu un’impresa facile: dovettero eludere i controlli, superare una tempesta e persino un insabbiamento, ma alla fine, il 31 gennaio di quell’anno, giunsero nella città lagunare.

Le reliquie furono accolte con grande onore dal doge Giustiniano Partecipazio, figlio del primo doge delle isole di Rialto, Agnello. Provvisoriamente, furono collocate in una piccola cappella, situata dove oggi si conserva il Tesoro di San Marco. Poco dopo, cominciarono i lavori per la costruzione di una grande basilica, portata a termine nell’832 dal fratello del doge, Giovanni.
Dante stesso, nel suo poema immortale, scrisse: “Cielo e mare vi posero mano”, e in effetti la Basilica di San Marco si erge come un prodigio di marmi e ori, a metà tra terra e mare, tra architettura e incanto.

Basilica di San Marco – Image by WikimediaImages from Pixabay

Ma anche questa meraviglia ebbe i suoi travagli. Nel 976 un violento incendio, causato da una rivolta popolare contro il doge Pietro IV Candiano, distrusse sia la Basilica che il vicino Palazzo Ducale, dove il doge si era rifugiato con il figlio. Tra il 976 e il 978 fu il doge Pietro Orseolo I, detto “il Santo“, a finanziare la ricostruzione di entrambi. Tuttavia, l’attuale Basilica di San Marco — quella che conosciamo oggi — fu iniziata nel 1063 per volontà del doge Domenico I Contarini, e completata dal suo successore Domenico Selvo (1071-1084), che ne curò l’apparato musivo e marmoreo.

La solenne consacrazione avvenne il 25 aprile 1094, durante il dogato di Vitale Falier. Ma già nel 1071 San Marco era stato proclamato patrono principale della Serenissima, sostituendo San Teodoro, il santo guerriero venerato fino ad allora. Le due colonne monolitiche collocate tra il molo e la piazzetta testimoniano ancora oggi questo passaggio: su una troneggia il leone alato di San Marco, sull’altra San Teodoro nell’atto di uccidere un drago simile a un coccodrillo.

In vista della consacrazione della Basilica, si tenne un triduo di penitenza, digiuno e preghiera, poiché si erano perse le tracce delle reliquie del Santo. Fu solo al termine della messa celebrata dal vescovo che avvenne il miracolo: si spezzò spontaneamente il marmo di un pilastro nella navata destra, vicino all’ambone, e apparve la cassetta contenente i resti sacri. Un profumo soavissimo si diffuse per la chiesa, confermando la presenza del Santo.

Vittore Carpaccio – Il Leone di San Marco, 1516 – Palazzo Ducale, Venezia – Wikipedia, pubblico dominio.

Da allora Venezia fu per sempre legata a San Marco. Il suo simbolo, il leone alato con il libro recante la scritta “Pax tibi Marce, evangelista meus”, divenne il vessillo della Repubblica. Lo si vede ancora oggi in ogni angolo della città e in ogni luogo raggiunto un tempo dal dominio veneziano.

San Marco, oltre che patrono della Serenissima, è anche protettore di notai, scrivani, vetrai, pittori su vetro e ottici. La sua festa, il 25 aprile, è una data carica di significato, celebrata con proverbi, tradizioni e una devozione che resiste nei secoli.

 

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