Secondo lo storico Varrone, una festa agraria in onore di Libero venne celebrata in primavera a Lanuvio, caratterizzata da una processione rituale. Questo culto, di origine arcaica, è considerato appartenente a una tradizione indigena, anteriore alla successiva identificazione di Libero con Dioniso.
Originariamente legato a Giove, in particolare sotto l’aspetto di Iuppiter Libertas o Iuppiter Liber, Libero era venerato come una divinità della fertilità. Tuttavia, alcuni studiosi ritengono che Libero non fosse altro che Dioniso, introdusse a Roma nel VI secolo aC attraverso Cuma, una colonia greca in Campania.
Altri invece situano l’assimilazione tra Libero e Dioniso nel V secolo a.C., quando, in seguito a una grave carestia nel 496 aC, i Libri Sibillini ordinarono l’introduzione della triade eleusina greca, composta da Demetra, Dioniso e Persefone. Questa triade fu accolta nella tradizione romana sotto i nomi di Cerere, Libero e Libera.
Le Liberalia, una delle principali feste in onore di Libero, si celebravano il 17 marzo, come riportato nel cosiddetto “feriale di Numa“. Un’altra celebrazione in suo onore avveniva durante il periodo della vendemmia. Queste festività mantenevano un carattere genuinamente popolare e arcaico, con rituali spesso accompagnati da manifestazioni di esaltazione orgiastica legata alla fertilità. Cerimonie simili si svolgevano in varie regioni d’Italia.
Nonostante l’assimilazione con Dioniso, Libero conservò una sua specifica identità come divinità paterna e continuò ad essere venerato a Roma, anche durante il declino della Repubblica. Uno degli aspetti più significativi della festa delle Liberalia era il rito di passaggio dei giovani romani: i ragazzi che compivano quindici anni abbandonavano la toga pretesta, indossata durante l’infanzia, per assumere la toga virile, simbolo dell’ingresso nella vita adulta. In questo giorno, essi offrivano sacrificare a Libero nel suo tempio sul Campidoglio.