Nel mondo ordinario, l’uomo vive come se fosse spento. Ogni giorno è una replica, ogni gesto è misurato. La vita si trasforma in un dovere senza fuoco, in una prigione silenziosa. In questo deserto interiore, Dioniso non è solo un mito: è una scossa. È il richiamo a una vita più profonda.

Annibale Carracci – Il trionfo di Bacco e Arianna, Palazzo Farnese, Roma – Wikipedia, pubblico dominio

Dioniso, il dio del vino, dell’estasi e del disordine, nella mitologia greca è colui che spezza i confini.

Michelangelo – Bacco, Museo nazionale del Bargello – Wikipedia, pubblico dominio

Porta la follia, ma una follia che guarisce. Le sue seguaci, le baccanti, abbandonano il controllo, il nome, la legge.

Danzano nella notte, urlano, si fondono con la natura, con il ritmo, con il sacro. Non fuggono dalla realtà: la travolgono.

Friedrich Nietzsche riprende questa figura e la oppone ad Apollo, dio dell’ordine, della forma, della misura.

Nella sua opera La nascita della tragedia, Nietzsche scrive che la grande arte nasce proprio dalla tensione tra apollineo e dionisiaco.
Ma è il dionisiaco, secondo lui, a contenere la verità cruda dell’esistenza: che la vita è caos, sofferenza, istinto, ma anche bellezza nella sua brutalità.

Lo stato dionisiaco è, per Nietzsche, l’unica vera via per uscire dal nichilismo che svuota la modernità. Non si tratta di una semplice ubriacatura, ma di un’esperienza in cui si abbatte l’illusione dell’io separato e si entra in comunione con la vita stessa.

È un “sì” gridato all’esistenza, anche nel dolore. È l’ebbrezza che distrugge le maschere e rivela il fondo tragico – ma vitale – dell’essere.

Il rito dionisiaco diventa allora il rifugio da una civiltà che ci vuole funzionanti ma non vivi. È un ritorno alla sorgente, alla terra, al corpo, alla verità che pulsa sotto i concetti. Non è fuga: è svelamento. È essere fatti a pezzi, come Dioniso lo fu dai Titani, per poi rinascere interi, più selvaggi, più veri.
Per Nietzsche, solo chi attraversa il dionisiaco può davvero creare. Solo chi ha danzato sull’orlo del baratro può portare qualcosa di nuovo al mondo.

Il dionisiaco, in fondo, non è solo un rifugio: è un atto di resistenza contro la morte interiore della vita ordinaria.
Il dionisiaco è l’opposto del vuoto ordinario. Dove l’uno anestetizza, l’altro risveglia. Dove la città impone, la foresta dionisiaca libera. E in quel breve momento di vertigine, l’uomo ricorda ciò che è: carne, fuoco, animale, dio.

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