A Roma, al tempo di Nerone, viveva Locusta, una figura avvolta nel mistero, sospesa tra mito e realtà, tra il mondo della magia e quello della botanica.
Poco si conosce della vera Locusta, ma è certo che possedesse un vasto sapere: padroneggiava la conoscenza delle erbe e della medicina. Tuttavia, non era solo un’avvelenatrice qualunque, ma l’avvelenatrice di Roma.
La sua casa era frequentata da mercanti, uomini d’affari, nobili e persino senatori, tutti alla ricerca di qualcosa: un rimedio, un amuleto d’amore, una pozione per ravvivare la passione o, nei casi più estremi, un veleno letale per eliminare un rivale.
Le sue connessioni con Agrippina e, prima ancora, con Messalina testimoniano la sua vicinanza alla nobiltà romana. Questo legame si consolidò anche grazie alla rete di contatti intessuta nelle case di prostituzione, luoghi che pullulavano di intrighi e relazioni tra le varie classi sociali.
Secondo resoconti non ufficiali, Locusta fu imprigionata e attendeva la condanna a morte per uno dei suoi crimini, quando Agrippina intervenne per salvarla. Fu in quell’occasione che le venne affidato l’incarico che avrebbe cambiato il corso della sua vita: l’assassinio dell’imperatore Claudio.
Si dice che Locusta abbia giocato un ruolo cruciale nell’avvelenamento di Claudio, probabilmente tramite funghi o fichi contaminati. Fino a quel momento, era una figura rispettata e temuta, ma non legata direttamente al potere. Dopo la morte dell’imperatore, divenne un’esclusiva alleata di Agrippina, madre di Nerone, il nuovo Cesare.
Il suo secondo incarico di rilievo fu l’avvelenamento di Britannico. Gli storici raccontano che il primo tentativo fallì, e per questo motivo Nerone ordinò che fosse torturata. Tuttavia, Locusta riuscì a redimersi con un piano più accurato: avvelenò alcuni dolci e preparò una bevanda aromatica letale.
Secondo Tacito, una bevanda calda e apparentemente innocua fu servita a Britannico, che la rifiutò perché troppo calda. A quel punto fu aggiunta acqua fredda, contenente il veleno, che agì così rapidamente da privare il giovane sia della parola che della vita. Gli storici ritengono che si trattasse di acido prussico, un veleno invisibile e inodore. Mentre i commensali erano terrorizzati, Nerone osservava impassibile, minimizzando l’evento come un episodio legato alla presunta epilessia di Britannico.
Si dice che Locusta collaborasse con Andromaco di Creta, il medico personale di Nerone, che forniva regolarmente oppio all’imperatore per alleviare le sue ansie e stimolare la creatività.
A lui viene attribuita la creazione della theriaca magna, una potente mistura che perfezionava la formula originaria del re Mitridate, sostituendo la carne di lucertola con quella di vipera.
La theriaca di Andromaco conteneva ingredienti esotici come acacia, artemisia, oppio, zafferano, cumino, finocchio, miele e carne di vipera.
Locusta, però, era maestra nell’usare veleni che agivano dall’interno: secondo lei, il veleno più efficace provocava un blocco intestinale, causando la fermentazione e la putrefazione dei cibi già digeriti, portando così alla morte.
Con la caduta di Nerone e la perdita della protezione imperiale, Locusta fu travolta dalle accuse. Numerosi testimoni dichiararono contro di lei, attribuendole la responsabilità di oltre 400 morti.
L’imperatore Galba ordinò che fosse torturata e infine giustiziata pubblicamente, ponendo fine alla sua controversa esistenza.
–
–