Maimone è una figura mitica profondamente legata all’acqua e alla pioggia, simbolo di fertilità e rigenerazione.
Le antiche tribù nuragiche, nel cuore della Sardegna, svilupparono probabilmente un culto religioso che univa la fertilità dei campi, la caccia e il ciclo delle stagioni alla forza maschile del Toro-Sole e alla potenza feconda dell’Acqua-Luna. In questo sistema di credenze, Maimone occupava un ruolo centrale come divinità pluviale.
Secondo molti studiosi, Maimone potrebbe essere la trasposizione locale di una più antica divinità fenicia della pioggia, con radici protosarde. Il nome stesso potrebbe derivare dal termine fenicio mem, che significa “acqua”. In ebraico mishnaico, invece, mammon indica denaro o possesso, e finì per rappresentare la brama di ricchezza, personificata nel demone Mammona.
Lo studioso Mario Ligia mette in relazione Maimone con la divinità libico-berbera della pioggia Amon, anche se, secondo lui, la presenza della vocale “i” nel nome sardo indicherebbe un’origine ancora più antica, risalente all’Asia Minore piuttosto che al Nord Africa.
Il linguista Max Leopold Wagner, nel suo Dizionario etimologico sardo, suggerisce invece una derivazione da un termine semitico che indicava inizialmente una scimmia e poi un essere mostruoso, uno “spauracchio”. Maimone, così, sarebbe una creatura ancestrale, a metà tra divinità e demone, a volte identificata con figure come Baku (o Jahu) e perfino con Dioniso.
Giovanni Lilliu, il padre dell’archeologia sarda, descrive Maimone come uno spirito demoniaco invocato per la pioggia. A Cagliari e Ghilarza era venerato come dispensatore d’acqua, mentre a Iglesias era lo spirito di un pozzo sacro. Fino al secolo scorso, contadini e pastori lo invocavano con una litania popolare:
«Maimone, Maimone,
chiede acqua il cereale,
chiede acqua il seccato,
Maimone laudato!»
Con l’avvento del Cristianesimo, la figura di Maimone subì una radicale trasformazione: da spirito benefico e protettore dei raccolti, fu demonizzato, fino a essere assimilato al Demonio stesso.
Eppure, il suo culto sopravvive ancora oggi, soprattutto in Ogliastra e in alcuni paesi della Barbagia. Il nome cambia di luogo in luogo: a Mamoiada è noto come Mamuthone, a Orgosolo come Maimone o hune, a Ulassai come Su Maimulu.

Su Maimulu di Ulassai – Wikipedia – User: Federica Demurtas, opera propria rilasciata con licenza CC BY-SA 3.0
Le maschere tradizionali sarde, in particolare quelle carnevalesche, traggono origine da questa divinità della Natura. Su Maimulu era realizzato con pelle ovina o stoffa ricoperta di lana grezza, adornato con corna di capra. Rappresentava la miseria, i vizi, le paure ataviche. Durante il carnevale, un uomo vestito di scuro, coperto di pelli e carico di campanacci, impersonava Maimone: percorreva le strade del paese scuotendo i suoi campanacci, lanciandosi contro le persone, rotolandosi a terra come posseduto da una furia primitiva.
Dietro di lui seguiva un corteo di Stramaionis, figure misteriose che lo tenevano legato con corde. Vestiti di stracci scuri, con il volto annerito di fuliggine e olio o nascosto da maschere, portavano con sé bastoni e maccioccas, con cui cercavano di contenere e domare la furia del dio.
Questa maschera era considerata di buon auspicio: nelle campagne sarde si costruivano fantocci con le sembianze di Maimone e li si esponeva nei campi, per propiziare la pioggia e allontanare la siccità.
Ancora oggi, nei riti e nelle tradizioni popolari, sopravvive il ricordo di questa antica divinità, simbolo della forza della natura, della necessità dell’acqua e del fragile equilibrio tra uomo e cosmo.
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