
Marsia appeso a un pino, in attesa di essere scorticato da un carnefice scita per ordine di Apollo. Marmo, scultura romana del I-II sec – Museo del Louvre – Wikipedia, pubblico dominio
Marsia è una figura della mitologia greca, ricordato come un audace musicista e simbolo di hýbris, la tracotanza umana nei confronti delle divinità.
Marsia era un sileno, un essere mitologico affine ai satiri, spesso raffigurato con tratti animaleschi, come orecchie e coda equine. La tradizione più diffusa lo descrive come figlio di Eagro, ma secondo altre versioni era invece figlio di Olimpo.
Oltre a essere una creatura legata al culto dionisiaco, Marsia era anche considerato il dio fluviale del Marsia, un affluente del Meandro, situato nell’antica regione dell’Anatolia.
Il mito di Marsia è strettamente connesso alla nascita dell’aulos, un antico strumento a fiato simile a un doppio flauto. Secondo il poeta Pindaro, fu la dea Atena a inventarlo, affascinata dalla sua melodia. Tuttavia, quando provò a suonarlo, scoprì con disappunto che il soffiare nello strumento le gonfiava le guance, alterando il suo volto e facendola apparire ridicola. Sdegnata da tale deformità, la dea gettò l’aulos lontano, abbandonandolo al suo destino.
Fu allora che Marsia, trovandolo per caso, lo raccolse e, comprendendone il potenziale, iniziò a esercitarsi con dedizione fino a padroneggiarlo con straordinaria abilità. La sua musica incantava chiunque la ascoltasse, tanto che ben presto la sua fama si diffuse tra uomini e creature mitologiche. Tuttavia, Atena, irritata dall’audacia del sileno, lo colpì con un violento schiaffo per punirlo della sua presunzione.
Nonostante la reprimenda divina, Marsia continuò a suonare il flauto, conquistando l’ammirazione del popolo. Si diceva che la sua musica fosse tanto armoniosa da superare perfino quella di Apollo, dio della musica e della poesia. La crescente reputazione di Marsia giunse alle orecchie dello stesso Apollo, il quale, ferito nell’orgoglio, decise di sfidarlo in un duello musicale.
Secondo alcune versioni, fu lo stesso Marsia a lanciare la sfida, inebriato dalla propria bravura e spinto dall’orgoglio. Il concorso prevedeva che le Muse, divinità dell’arte e della conoscenza, fungessero da giudici imparziali, decretando il vincitore della tenzone.
La gara iniziò e, inizialmente, il talento di Marsia si dimostrò all’altezza di quello di Apollo. La bellezza della sua melodia era tale che le Muse non riuscivano a stabilire un vincitore, decretando un pareggio.
Apollo, tuttavia, non poteva accettare un simile risultato e decise di porre Marsia di fronte a una prova impossibile.

Apollo sta per scorticare Marsia, 1888 – Wikipedia, pubblico dominio
Il dio prese la parola e propose di eseguire la musica con lo strumento capovolto: lui con la sua cetra, Marsia con il suo flauto. Mentre Apollo riuscì senza difficoltà a invertire la cetra e a continuare a suonare, Marsia, con il suo strumento a fiato, si trovò nell’impossibilità di produrre alcun suono. Costretto ad ammettere la sconfitta, Marsia riconobbe Apollo come vincitore.
Ma la sfida non si concluse con una semplice sconfitta. Secondo le regole stabilite, il vincitore aveva il diritto di infliggere al perdente qualsiasi punizione desiderasse. Apollo, furioso per l’audacia del sileno nel competere con lui, decise di punirlo in modo atroce: lo legò a un albero e lo scorticò vivo, condannandolo a una morte straziante.
Il sangue versato da Marsia, secondo il mito, diede origine al fiume che porta il suo nome, il Marsia, rendendolo una divinità fluviale.
L’episodio della sfida e della tragica fine di Marsia ispirò numerosi artisti e poeti nel corso dei secoli. Mirone e Prassitele scolpirono statue raffiguranti il sileno, mentre Tiziano immortalò il suo martirio in un celebre dipinto.

Tiziano Vecellio – Lo scuoiamento di Marsia – Museo a Kroměříž, Repubblica Ceca – Wikipedia, pubblico dominio
In ambito letterario, Ovidio racconta la sorte di Marsia nel Libro VI delle Metamorfosi, dove descrive con pathos il suo tormento, enfatizzando il dolore degli esseri viventi che assistettero alla sua punizione. Anche Dante Alighieri lo cita nel Canto I del Paradiso, nell’invocazione ad Apollo, quasi a evocare la forza creatrice della musica divina, ma anche la tragedia di chi osa sfidare il potere assoluto degli dèi.
Marsia rimane così un simbolo immortale della hýbris, dell’eccessiva ambizione umana che sfida l’ordine divino, e della crudele vendetta che ne consegue.
.