Ninfea era una Naiade, una ninfa delle fonti, protagonista di un tragico mito. Si narra che, innamorata perdutamente di Ercole senza essere ricambiata, si consumò dal dolore fino alla morte. Gli dèi, mossi a compassione, trasformarono la giovane in un fiore di rara bellezza.

Ninfea nel Parco Giardino Sigurtà, Valeggio sul Mincio – Wikipedia – User: Massimo Roselli, immagine rilasciata con licenza CC BY-SA 3.0

Per gli antichi Greci, la ninfea divenne simbolo di castità e dell’amore platonico non corrisposto, una rappresentazione poetica di purezza e malinconia.
In Egitto, invece, questo fiore era particolarmente caro: veniva utilizzato per adornare le tombe, legandosi al culto della vita dopo la morte e alla rigenerazione.

Loto blu (Nymphaea caerulea) su un vaso della XVIII dinastia trovato ad Amarna – Wikipedia – User: BrokenSphere, opera propria rilasciata con licenza CC BY-SA 3.0

La ninfea, comunemente nota come “fiore di loto“, cresceva abbondante nelle acque del Nilo ed era considerata sacra dagli Egizi.
Questo fiore non solo veniva utilizzato per scopi decorativi, ma assumeva anche un’importanza simbolica nei geroglifici, dove rappresentava sia sé stesso che il numero 10.000, evocando abbondanza e completezza.

Resti di ninfea sono stati scoperti nella camera sepolcrale del faraone Ramesse II, così come in molte altre tombe, a testimonianza della sua rilevanza spirituale. I motivi decorativi ispirati alla ninfea adornavano le pareti delle tombe, conferendo bellezza e significato alle dimore eterne dei defunti.

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