Il testo che segue affronta il problema di Mohenjo-daro dal punto di vista della fantarcheologia
Mohenjo-daro è una delle più affascinanti città dell’antichità, ma anche uno dei suoi enigmi più controversi. Qui non sono state trovate tombe, ma resti di uomini, donne e bambini che sembrano essere morti istantaneamente, senza alcun segno di ferite da armi da taglio o da guerra. Inoltre, non sono state rinvenute armi nei dintorni, sollevando interrogativi sulle cause di questa misteriosa tragedia.
La città riemerse nel 1921, quando l’archeologo Daya Ram Sahni, e non Daya Harappa, come talvolta riportato, fu incaricato di recuperare le rovine di un tempio buddista situato su un’isoletta nel fiume Indo. La civiltà che scoprì fu poi denominata civiltà dell’Indo o civiltà di Harappa.
Secondo alcuni testi sanscriti antichi, l’India del passato sarebbe stata teatro di eventi straordinari. Si parla di creature divine provenienti da altri mondi a bordo di Vimana, carri volanti descritti dettagliatamente nei testi vedici. Il Ramayana, ad esempio, descrive il carro del re di Lanka, Vibhasana, come un velivolo splendente, con più piani, finestre, camere, bandiere e persino un suono melodioso mentre si muoveva nel cielo.

Mohenjo daro (Tumulo di morti) Larkana, Pakistan – Wikipedia, foto di Noor-ul-Huda Arif, opera propria rilasciata con licenza CC BY-SA 3.0
Nel Mahabharata si narra di fenomeni ancora più sconcertanti:
“Nel cielo apparve una nube luminosa, come fiamme ardenti. Da questa massa emerse un enorme Vimana scuro che lanciava proiettili fiammeggianti, scendendo rapidamente verso il suolo con ruote di fuoco.”
Un altro episodio, contenuto nel Vanaparvan, racconta di Arjuna, eroe del Mahabharata, che ottenne armi divine dagli dèi e imparò a utilizzarle a bordo di un carro volante donatogli da Indra, il Signore dei Cieli. Questo veicolo non solo volava, ma poteva anche viaggiare sott’acqua.

Un’illustrazione della Shakuna Vimana che si suppone potessero volare come un uccello con ali battenti e coda – Wikipedia, pubblico dominio
Nel Samaranga Sutradhara vengono addirittura riportati dettagli tecnici dei Vimana:
“Il corpo deve essere forte e durevole, leggero come quello di un grande uccello volante.”
Alcuni di questi racconti sembrano descrivere scenari di guerra tecnologicamente avanzata.
Il Mausola Parva, ad esempio, parla di un raggio della morte capace di incenerire intere armate in pochi istanti e di causare nei sopravvissuti la caduta di unghie e capelli, effetti sorprendentemente simili a quelli delle radiazioni nucleari.
Nel Drona Parva viene descritta un’arma chiamata Agneya, che aveva il potere di avvolgere il mondo in una densa oscurità, far soffiare venti terribili e scaldare perfino l’acqua, uccidendo ogni creatura marina. Anche il Ramayana racconta di un’arma donata dal dio Brahma al figlio di Ravana, capace di esplodere lungo il suo percorso e incenerire qualsiasi bersaglio.
Fantasia? Miti e leggende tramandate nei secoli?
Non tutti gli studiosi la pensano così. Il professor Dileep Kumar Kanjilal, docente di sanscrito a Calcutta, sostiene che i testi vedici dimostrino l’esistenza, migliaia di anni fa, di una civiltà avanzata, capace di costruire velivoli e persino colonie orbitanti attorno alla Terra.
Lo scrittore e sanscritista Subramanyam Iyer, dopo anni di studio e traduzione degli Shastras, afferma di aver scoperto descrizioni di leghe metalliche sconosciute, utilizzate per costruire le fusoliere dei Vimana. Il dottor C.S.R. Prabhu, esperto in tecnologie avanzate, ha dichiarato di aver già riprodotto alcuni di questi materiali, testandoli con successo in laboratori internazionali, come l’Università di San José in California.
Tra coloro che hanno supportato queste teorie figura anche David Davenport, scrittore ed esperto di tradizioni indiane, il quale ha sostenuto che un’antica esplosione nucleare potrebbe aver colpito Mohenjo-daro migliaia di anni fa. Le sue ricerche hanno trovato un riscontro sorprendente nelle analisi del CNR di Roma, che hanno evidenziato come alcuni reperti rinvenuti nell’area (bracciali, anfore, pietre) mostrino segni di vetrificazione, esposti in passato a temperature di circa 1500°C, seguite da un rapido raffreddamento—condizioni compatibili con un’esplosione nucleare.
Nessuna calamità naturale conosciuta potrebbe spiegare simili effetti. E nessuna battaglia combattuta con lance e spade avrebbe potuto lasciare tracce così particolari.
Alla luce delle moderne scoperte scientifiche, alcuni studiosi suggeriscono che le antiche scritture indiane, se interpretate senza il filtro del mito, possano trasmettere un inquietante messaggio:
Forse il futuro è solo un’ombra del nostro passato.
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