Pyotr Ilyich Tchaikovsky (Čajkovskij) nacque il 7 maggio 1840 a Votkinsk, una cittadina russa situata ai piedi degli Urali. Proveniva da una famiglia di ceto medio: suo padre lavorava come caporeparto in una compagnia di metalli, mentre la madre, di origini nobili francesi, contribuiva alla cultura della famiglia.
Sebbene l’ambiente domestico non lo avesse avviato alla musica, il piccolo Pyotr dimostrò sin da subito un talento naturale, componendo e pubblicando la sua prima canzonetta.

Un evento drammatico segnò profondamente la sua adolescenza: a soli 14 anni, perse la madre, che adorava, a causa di un’epidemia di colera. Questo dolore lo accompagnò per tutta la vita, influenzando anche la sua sensibilità artistica.

Dopo aver completato gli studi presso la scuola di Giurisprudenza, seguendo le orme dei suoi due fratelli gemelli, Čajkovskij decise di abbandonare la carriera legale, tradizionalmente scelta dal suo ceto sociale, per dedicarsi alla musica.
Fu ammesso al Conservatorio di San Pietroburgo, dove si laureò con successo. A 26 anni gli fu offerto un posto come insegnante di armonia musicale presso il Conservatorio di Mosca, segnando l’inizio di una carriera che lo avrebbe consacrato come uno dei più celebri compositori.

Nel 1866 compose la sua prima sinfonia, la Sinfonia n. 1 in Sol minore, op. 13, sottotitolata “Sogni d’inverno
Nel 1867, Čajkovskij completò la sua prima opera lirica, Voevoda (Il voivoda) dal dramma di Aleksandr Nikolaevič Ostrovskij.
Tra il 1874 e il 1875, Čajkovskij compose uno dei suoi capolavori più celebri, il Concerto per pianoforte n. 1 in Si bemolle minore, op. 23.

Panov, M. (Photographer) – Ritratto del compositore Pyotr Tchaikovsky – Wikipedia, pubblico dominio

A 35 anni, Čajkovskij iniziò a concentrarsi sulla musica per balletto, un genere considerato minore all’epoca, ma che gli avrebbe garantito gran parte della sua fama. Nel 1877, al Teatro Bolshoi di Mosca, debuttò con “Il lago dei cigni” (Lebedinoe ozero), op. 20, un balletto scritto nei due anni precedenti. L’opera nacque durante una delle estati trascorse nella quiete familiare presso la sorella e i suoi nipoti, un rifugio di serenità che il compositore cercava spesso per ritrovare equilibrio. Sempre nel 1877 completò l’opera lirica “Eugenio Onegin” (Evgenij Onegin), op. 24, basata sul celebre romanzo in versi di Aleksandr Puškin.

Nel periodo tra l’estate e l’autunno del 1876, compose il poema sinfonico Francesca da Rimini , op. 32, ispirato al celebre episodio della Divina Commedia di Dante. Questo brano orchestrale, oggi tra i più eseguiti dal compositore, riflette l’abilità di Čajkovskij nel trasmettere emozioni intense e drammatiche attraverso la musica.
Sempre nello stesso anno, assistite a due produzioni che influenzano il suo pensiero musicale: Carmen di Georges Bizet e la prima integrale della Tetralogia di Richard Wagner, L’anello del Nibelungo.
Sebbene Čajkovskij nutrisse opinioni contrastanti su Wagner, troverà in Carmen una fonte d’ispirazione che si rifletterà nel suo capolavoro lirico “La dama di picche“, iniziato a Firenze nel 1890.

Pyotr Ilyich Tchaikovsky con sua moglie Antonina Miliukova durante la loro luna di miele nel 1877 – Wikipedia, pubblico dominio

Sul piano personale, Čajkovskij attraversava profonde difficoltà. Lacerato dall’incapacità di accettare la propria omosessualità, cercava rifugio in una fuga costante dalla realtà.
Nel 1877, una donna di nome Antonina Milyukova iniziò a inviargli lunghe lettere, dichiarandogli un amore ossessivo e minacciando il suicidio qualora lui avesse rifiutato di incontrarla. Sebbene disgustato dall’idea del matrimonio, Čajkovskij vide in Antonina una possibile soluzione ai propri conflitti interiori e accettò la proposta.
Il loro primo incontro culminò, una settimana dopo, in un fidanzamento ufficiale, ma l’unione si rivelò rapidamente un disastro.
Il matrimonio, breve e infelice, aggravò il suo stato emotivo al punto che Čajkovskij tentò il suicidio. Questa dolorosa esperienza ispirò però uno dei personaggi più complessi della sua produzione lirica: Tatyana, la protagonista di Eugenio Onegin.
Il suo medico, preoccupato per la sua salute mentale e fisica, gli consigli di interrompere immediatamente la relazione.
Čajkovskij decise quindi di lasciare Antonina e intraprendere un lungo viaggio in Europa, alla ricerca di un rinnovato equilibrio emotivo. Questo periodo segnò una svolta nella sua vita e nella sua arte, portandolo verso nuove esperienze e ispirazioni.

Madame von Meck, la mecenate del compositore. – Wikipedia, pubblico dominio

Un’altra figura cruciale nella vita di Pyotr Ilyich Čajkovskij fu Nadezhda Filaretovna von Meck, una ricca vedova e mecenate.
Dal 1879 al 1890, Madame von Meck sostenne finanziariamente il compositore, permettendogli di
dedicarsi completamente alla musica. La loro relazione, però, fu singolare: nonostante la fitta corrispondenza di lettere intime e profondamente emotive, mantennero una rigorosa distanza fisica e si incontrarono di persona solo in rare occasioni. Grazie al suo supporto, Čajkovskij divenne l’unico compositore professionista in Russia, libero di concentrarsi esclusivamente sulla propria arte

Dopo il lungo viaggio in Europa, Čajkovskij tornò in patria, ma il suo matrimonio continuò a tormentarlo. Antonina oscillava continuamente tra l’idea di divorziare e quella di riconciliarsi, alimentando l’instabilità emotiva del compositore. Čajkovskij, già incline all’isolamento, si ritirò sempre più dalla vita sociale, rifugiandosi nella musica e nei viaggi all’estero. Durante questo periodo travagliato, diede vita a opere come “La Pulzella di Orleans“, “Ouverture 1812” e “Mazepa“.

Nel 1891, il Teatro Mariinskij di San Pietroburgo commissionò a Čajkovskij due capolavori: l’opera in un atto “Iolanta” ed il balletto “Lo schiaccianoci“, che, insieme a “La bella addormentata” e alla “Sesta sinfonia“, costituiscono esempi di soluzioni musicali pure e innovative.
Nello stesso anno, Čajkovskij intraprese una tournée negli Stati Uniti, dirigendo concerti a Filadelfia, Baltimora e New York. Fu anche protagonista del concerto inaugurale della Carnegie Hall, un evento che segnò il riconoscimento internazionale del compositore.

L’ultima grande opera di Čajkovskij, la Sinfonia n. 6 in Si minore, “Pathétique” (la Pateticao) si può solamente definire un vero e proprio “capolavoro”.

Pyotr Ilyich Čajkovskij morì il 6 novembre 1893, ma le circostanze del decesso rimangono avvolte nel mistero. La versione ufficiale attribuisce la morte al colera, contratto bevendo acqua contaminata, ma esistono teorie alternative. Alcuni sostengono che Čajkovskij possa essersi suicidato temendo che la sua omosessualità fosse stata scoperta, mentre altri ipotizzano che sia stato avvelenato.

Qualunque sia la verità, Čajkovskij lasciò un’eredità musicale indelebile, caratterizzata da un’intensità emotiva e una profondità che continuano a commuovere e ispirare generazioni di ascoltatori.

 

 

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