Filippino Lippi (Prato, 1457 – Firenze, 1504), pittore italiano, è noto per la sua arte innovativa e per essere stato allievo del celebre Sandro Botticelli. Per distinguerlo dal padre, anch’egli pittore, è comunemente chiamato Filippino.
Dallo stile lineare del maestro Botticelli, Filippino sviluppò un linguaggio artistico personale, caratterizzato da figure allungate e scene intrise di dettagli fantastici e irreali. Durante un soggiorno a Roma tra il 1488 e il 1492, studiò attentamente i monumenti antichi e gli affreschi di Pinturicchio.
Questa esperienza lo portò ad apprezzare e integrare nei suoi lavori le decorazioni a grottesche (*), che trasformò in un elemento distintivo della sua arte: motivi animati, misteriosi e inquietanti, in perfetta sintonia con il clima di crisi politica e culturale che attraversava la Firenze di Girolamo Savonarola.
La pittura di Filippino riflette pienamente la trasformazione culturale che segnò Firenze alla fine del Quattrocento. La sua arte traghettò il rinascimento dall’armonia lineare verso una maggiore espressività, anticipando le tensioni drammatiche che avrebbero caratterizzato il manierismo. Fu inoltre tra i primi a utilizzare una pennellata visibile e corposa, quasi “impressionistica“, benché confinata a dettagli marginali. Questa tecnica, innovativa per l’epoca, influenzò artisti come Rosso Fiorentino e aprì la strada a un’evoluzione stilistica che collega idealmente Filippino a maestri successivi, da Parmigianino a Tiziano, Rubens, Rembrandt e fino agli impressionisti.
(*) Nota:
Le grottesche devono il loro nome, come riportato da Benvenuto Cellini nella sua autobiografia, alle grotte del colle Esquilino a Roma. Questi spazi, in realtà i resti della Domus Aurea di Nerone, furono scoperti intorno al 1480 e divennero subito fonte d’ispirazione per molti artisti, tra cui Filippino Lippi, Pinturicchio, Raffaello e altri. Lo studio di queste decorazioni diede vita a uno stile unico che Roberto Longhi definì la “curiosa civiltà delle grottesche”.
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