Psamate era la figlia di Crotopo, re di Argo, e fu amata dal dio Apollo, con il quale concepì un figlio, Lino.
È importante non confonderla con un’altra Psamate, una delle Nereidi, figure mitologiche appartenenti al seguito di Poseidone.

Pompeo Batoni – Apollo e due muse, 1741 – Wikipedia, pubblico dominio

Secondo il racconto dello storico Pausania, Apollo si innamorò di Psamate e la rese madre di Lino. Tuttavia, temendo l’ira del padre, la giovane principessa decise di abbandonare il neonato su una montagna, sperando forse che gli dèi o la natura lo salvassero. Il destino del bambino prese una svolta inaspettata quando alcuni mandriani al servizio di Crotopo lo trovarono e lo allevarono con cura.

Nonostante fosse stato accolto e cresciuto dagli uomini, Lino trovò una morte tragica: un giorno, mentre i pastori erano assenti, i cani da guardia, lasciati incustoditi, lo attaccarono e lo sbranarono.
La notizia della disgrazia raggiunse Psamate, che fu sopraffatta dal dolore. Il suo lamento, però, attirò l’attenzione di Crotopo, il quale intuì il segreto della figlia e, considerandola colpevole di aver generato un figlio illegittimo e di aver tentato di nasconderlo, la condannò a morte.

Apollo, profondamente addolorato e colmo d’ira per la perdita di Lino e di Psamate, decise di vendicarsi su Crotopo e sul suo regno. Per punirlo, inviò ad Argo una creatura mostruosa chiamata Pena (il cui nome significa “Punizione“), un demone che si aggirava per la città rapendo tutti i neonati. La devastazione portata da Pena continuò finché l’eroe Corebo non si fece avanti per affrontarla. Dopo una feroce lotta, Corebo riuscì a uccidere la creatura, ma la sua impresa non pose fine alla collera divina: immediatamente su Argo si abbatté una terribile pestilenza.

La Sibilla Delfica – Collezione National Trust for Places of Historic Interest or Natural Beauty – Wikipedia, pubblico dominio

Disperato, Corebo decise di consultare l’Oracolo di Delfi per trovare un modo di placare Apollo e liberare la città dal flagello. La Pizia gli rivelò che, per espiare la colpa del re, avrebbe dovuto prendere un tripode sacro e costruire un tempio ad Apollo nel luogo in cui gli sarebbe caduto di mano. Seguindo l’indicazione della sacerdotessa, Corebo si mise in cammino e, quando il tripode gli sfuggì dalle mani sul monte Gerania, capì che quello era il luogo designato. Lì eresse un tempio in onore di Apollo e, secondo la leggenda, fu proprio in quel luogo che in seguito fondò la città di Tripodisco.

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