Salmoneo era un principe della mitologia greca, figlio di Eolo, il mitico progenitore degli Eolidi, e della ninfa Enarete. Era fratello di figure di spicco come Sisifo, noto per la sua astuzia e il celebre supplizio, Creteo, fondatore della città di Iolco, e Atamante, il re di Orcomeno.

Salmoneo sposò Alcidice, la quale gli diede una figlia, Tiro, ma perse la vita nel parto. Dopo la morte della prima moglie, Salmoneo si unì in seconde nozze con Sidero, una donna che si rivelò una matrigna crudele. Sidero perseguitò e maltrattò Tiro con durezza, senza sapere che il suo destino era segnato: in seguito, il figlio di Tiro, Pelias, vendicò le sofferenze della madre uccidendo Sidero, trafiggendola presso l’altare di Era, incurante della sacralità del luogo.

Il regno e l’esilio
Inizialmente Salmoneo governò in Tessaglia, ma a causa del suo carattere arrogante e dispotico, fu esiliato. Fuggì quindi nella regione dell’Elide, dove fondò la città di Salmona, nei pressi della sorgente del fiume Enipeo. Qui stabilì il proprio dominio, imponendo la sua autorità con metodi severi e un comportamento sempre più tracotante.

Disegno raffigurante una scena dipinta su un cratere con colonne e figure rosse attiche della prima metà del V secolo a.C. Salmoneo brandisce una spada e un oggetto che imita il fulmine – Wikipedia, pubblico dominio.

Nella tradizione mitologica successiva, Salmoneo viene ricordato per la sua empietà e superbia. Desideroso di essere venerato alla pari di Zeus, giunse a imitare gli attributi del dio supremo. Fece costruire un ponte su cui faceva passare carri trainati da cavalli al galoppo, nel tentativo di riprodurre il fragore del tuono. Non contento, lanciava torce infuocate sulla folla, emulando il modo in cui Zeus scagliava i suoi fulmini. Chiunque venisse colpito da queste torce veniva immediatamente giustiziato.

Questo atto di hybris (tracotanza) non passò inosservato agli dèi. Zeus, indignato dall’arroganza e dalla blasfemia di Salmoneo, intervenne con la sua collera divina: scagliò un vero fulmine su di lui, annientandolo all’istante e ponendo fine alla sua esistenza terrena.
La sua anima fu poi condannata a soffrire nel Tartaro, il regno delle punizioni eterne, come monito per chiunque avesse osato sfidare la volontà degli dèi.

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