Questo capolavoro della letteratura si apre con la figura del re persiano Shāhrīyār (Sahrigar), tradito da una delle sue mogli. Ferito nell’orgoglio e nell’anima, egli decide di vendicarsi: ogni sera sposa una nuova fanciulla, per poi condannarla a morte al termine della prima notte di nozze.
In questo scenario di terrore emerge la figura luminosa di Sharāzād, una giovane donna di straordinaria intelligenza e coraggio. Divenuta sposa del re, escogita un piano sottile per salvarsi: ogni notte racconta al sovrano una storia, lasciandola sospesa nel momento più avvincente. Curioso di conoscere il seguito, Shāhrīyār rimanda l’esecuzione. Così si susseguono una notte dopo l’altra, fino a mille e una: alla fine, vinto dall’amore e dalla meraviglia, il re le dona la vita.

Illustrazione di Gustaf Thomée – Wikipedia, pubblico dominio
Non esiste, forse, parabola più limpida e universale di quella di Sharāzād e Sahrigar per raccontare l’importanza della fantasia e dell’invenzione nella storia dell’umanità. È attraverso il potere delle storie che gli esseri umani si sono riscattati dai tempi bui della loro esistenza primitiva, quando non erano diversi dalle bestie e dagli animali feroci. Sharāzād incarna la forza civilizzatrice dell’immaginazione, ed è per questo uno dei personaggi più affascinanti e immortali della letteratura mondiale.
Le radici delle Mille e una notte affondano nel terreno fertile dell’India e della Persia. Il racconto di base e molte delle prime novelle appartengono a un nucleo indo-iranico antico, mentre la presenza di spiriti e geni tradisce l’influenza della cultura persiana.
Inizialmente tramandate oralmente, le storie furono poi raccolte in una prima stesura organica attorno al X secolo, in un’opera conosciuta come Hazār afsane (“Mille favole”). Un riferimento storico conferma che già all’inizio del XII secolo, in Egitto, il titolo Alf layla wa-layla (“Mille e una notte”) era ampiamente conosciuto. Il manoscritto che giunse in Europa e diede origine alle prime traduzioni era già stato redatto nel Cinquecento.

Ferdinand Keller – Scheherazade e il sultano Sahrigar (1880) – Wikipedia, pubblico dominio
Per Sharāzād, raccontare non è soltanto un dono, ma una questione di vita o di morte. Ogni notte deve rapire l’attenzione del re; al minimo segno di noia o disinteresse, la sua sorte sarebbe segnata. Questa tensione affinò il suo ingegno, la sua capacità di intrecciare storie su storie, fino a scoprire che tutte le narrazioni, per quanto diverse nei personaggi e nelle avventure, condividono un’unica anima nascosta. Il mondo della fantasia, come quello reale, è unico, molteplice e indissolubile.
Così il barbaro sovrano, abituato alla brutalità delle cacce, dei massacri e dei piaceri più crudi, viene trascinato nei labirinti incantati della fantasia. Là, nel regno delle parole, vive mille vite diverse: affronta avventure straordinarie, ama donne meravigliose, combatte mostri, incontra saggi, varca le soglie di paradisi esotici. Impara che esiste una realtà più sottile, più potente di quella della spada: quella della narrazione.
Alla fine del suo lungo ascolto, Shāhrīyār si trasforma. Non è più il tiranno sanguinario di un tempo, ma un uomo nuovo: pentito, sensibile, sognatore. Chiede perdono a Sharāzād e abbraccia la vita che la magia dei racconti gli ha insegnato ad amare.
Da allora, le Mille e una notte hanno viaggiato nel mondo, moltiplicandosi in ogni lingua, adattandosi a ogni cultura. Con la Bibbia e le opere di Shakespeare, il libro ha disputato il primato di opera più tradotta e diffusa della storia.
Tutto questo è stato possibile grazie al bisogno profondo, inscritto nell’animo umano, di immaginare vite diverse dalla propria, di inventare storie e condividerle. Raccontare è stato, ed è ancora, un atto di salvezza: ha affinato la sensibilità, arricchito il linguaggio, ampliato i confini della mente.
La letteratura, come insegnano le Mille e una notte, è il più antico e duraturo risarcimento contro le frustrazioni e le ingiustizie della vita.
Un dono sottile e prezioso, come una melodia nel deserto o una notte di luna piena.
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