Nella vasta e misteriosa trama della mitologia greca, il nome di Stinfalo si lega indissolubilmente alle terre arcadiche e a un oscuro episodio di tradimento. Figlio di Elato, re dell’Arcadia, e di Laodice, a sua volta discendente di Cinira, Stinfalo apparteneva a una stirpe illustre. Aveva quattro fratelli — Epito, Pereo, Cillene e Ischi — e diede origine a una numerosa discendenza.
Tra i suoi figli maschi si ricordano Agamete, Gorti e Agelao, mentre la figlia Partenope, unita ad Eracle, generò Evere, continuando così la linea eroica del sangue divino.

Guercino – Et in Arcadia Ego – Palazzo Barberini, Roma – Wikipedia, pubblico dominio
Ma il destino di Stinfalo fu segnato dallo scontro con un potente avversario: Pelope, figura enigmatica e ambiziosa. I due si fronteggiarono in una lunga guerra, fino al giorno in cui Stinfalo, fingendo di voler concludere la contesa con patti di pace e amicizia, cadde vittima dell’inganno del suo rivale.
Pelope, infatti, tradì la fiducia dell’arcade e lo uccise a tradimento, facendone poi a pezzi il corpo e disseminandone le membra. Un gesto empio che scosse gli dèi.
Per questa colpa, una terribile carestia si abbatté su tutta la Grecia. I raccolti si inaridirono, le acque si ritrassero, il popolo patì la fame e l’angoscia. Fu soltanto grazie all’intervento di Eaco, figlio di Zeus e noto per la sua giustizia, che l’ira divina venne placata e la terra poté rifiorire.
In memoria di Stinfalo, gli furono dedicate una città e un lago, luoghi carichi di mito e mistero. Tuttavia, alcuni autori antichi attribuirono la causa della grande carestia non alla morte di Stinfalo, ma all’assassinio di Androgeo, figlio del re cretese Minosse, altra tragedia che aveva scatenato la collera degli dèi.
Così, tra guerre, inganni e catastrofi, la figura di Stinfalo si staglia nella leggenda: simbolo di un re tradito, la cui morte provocò lo squilibrio tra uomini e divinità, finché la giustizia non fu ristabilita.
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