Il termine “Thule” compare per la prima volta nei racconti dell’esploratore greco Pitea, che lo utilizzò per descrivere una terra sconosciuta raggiunta dopo sei giorni di navigazione verso nord partendo dall’attuale Regno Unito.

Thule carta marina Olaus Magnus – Wikipedia, pubblico dominio

I dettagli di questo viaggio, intrapreso tra il 330 a.C. e il 325 a.C. partendo da Marsiglia, furono probabilmente descritti nei suoi diari di bordo.
Questi documenti, noti con il titolo “Intorno all’Oceano“, non sono sopravvissuti, ma il termine “Thule” viene citato in opere di altri studiosi che riportano frammenti del racconto di Pitea.

Molti scienziati dell’epoca misero in dubbio la veridicità delle sue osservazioni, in particolare i fenomeni di luce e buio prolungati (sei mesi di inverno e sei di estate). Tuttavia, geografi e matematici come Eratostene e Ipparco, grazie alla conoscenza teorica dell’astronomia e dell’inclinazione terrestre, sostennero alcune delle sue affermazioni.

Ricostruzione del XIX secolo della mappa del mondo conosciuto di Eratostene, c. 194 a.C. – Wikipedia, pubblico dominio

Nel tempo, l’identificazione di Thule ha dato origine a varie ipotesi: potrebbe trattarsi delle isole Shetland, delle Faroe, dell’isola di Saaremaa o della città norvegese di Trondheim. Tuttavia, la descrizione di una terra “di fuoco e ghiaccio, dove il sole non tramonta mai” sembra corrispondere all’Islanda.

I Romani ampliarono il significato di “Ultima Thule”, utilizzandolo per indicare qualsiasi territorio oltre i confini del mondo conosciuto. Il termine, quindi, divenne simbolo di un luogo mitico più che una realtà geografica, associato negli anni a leggende come Atlantide, Shangri-La, o le terre degli Iperborei.

Alcuni luoghi, come l’Islanda, incarnano la frontiera tra realtà e mito. Questo territorio, identificato da molti come la leggendaria “Ultima Thule”, ha affascinato viaggiatori, poeti e studiosi per secoli.
Virgilio fu tra i primi a menzionare Thule nei suoi scritti, circa trent’anni prima di Cristo. Curiosamente, Virgilio è anche la guida che Dante sceglie per il suo viaggio nella Divina Commedia, un’opera che potrebbe celare più di quanto sembri.

Alcuni ricercatori ipotizzano che il viaggio descritto da Dante non sia solo metaforico, ma che possa rappresentare un itinerario reale, forse proprio in Islanda.
Seguendo questa teoria, il sommo poeta avrebbe lasciato indizi cifrati nei suoi versi, riferimenti a un tesoro nascosto e a conoscenze segrete trasmesse attraverso secoli di arte e letteratura.

Dettaglio della Carta Marina che mostra paese fittizio ‘Tile’ – Wikipedia, pubblico dominio

Anche opere di artisti come Botticelli e Leonardo Da Vinci, o scritti esoterici come quelli di Jules Verne, sembrano richiamare questo legame tra Islanda e mistero.
Non a caso, Verne ambientò proprio qui l’entrata per il suo “Viaggio al centro della Terra”, in uno dei vulcani sepolti sotto i ghiacci.

Leggende e storie si intrecciano intorno a figure come Leif Erikson, che raggiunse l’America 500 anni prima di Colombo, e a miti cinesi e indù di esploratori giunti nel Nuovo Mondo millenni prima degli europei. Anche i Templari vengono talvolta coinvolti in queste narrazioni, con teorie che li vedrebbero navigare verso l’America per nascondere tesori.

L’Islanda è intrisa di magia e storia. La Faglia Medio-Atlantica, luogo di antichi parlamenti vichinghi, è anche teatro di leggende sui Templari. Hvannadalshnúkur, la montagna più alta dell’Islanda, è considerata magica e soprannominata “La Porta dell’Inferno“. Le tradizioni locali parlano di un popolo invisibile, gli “Huldulfolk“, che abiterebbe queste terre.

Seguendo le tracce di Dante, i ricercatori esplorano il Kjölur Route, un antico sentiero che, secondo alcune teorie, il poeta potrebbe aver percorso. Qui, tra vulcani e ghiacci, si intrecciano storia e mito, lasciando spazio alla possibilità di un segreto custodito per secoli, forse celato nel cuore della “Candida Rosa” descritta nel Paradiso dantesco.

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